Politica

Peggio dei reality: coltellate a Eataly

Insultato in cucina come in Masterchef. Ma il rosticcere afgano reagisce pugnalando il cuoco. Panico nel locale

RomaA Eataly, la lite in cucina finisce nel sangue. Il giovane rosticcere afgano nel mezzo del pomeriggio afferra un coltello e colpisce l'executive chef Fabio Nitti al braccio. Più tardi lo straniero racconterà di aver reagito perché veniva trattato male, proprio come nei reality in cucina. Ma la reazione è violenta: ci va di mezzo un addetto alla sicurezza, che interviene e si becca pure lui un colpo di taglio sul braccio.

Tutto avviene sotto gli occhi terrorizzati dei clienti, perché nel famoso centro enogastronomico romano, sulla via Ostiense, le cucine sono a vista. Stavolta però non si vedono manicaretti preparati con stile, ma un'aggressione da film del terrore. Sangue, urla, panico, poi polizia e ambulanze: i due feriti in ospedale, l'aggressore tenta la fuga ma alla fine viene arrestato.

La verità è che i litigi tra i fornelli rischiano sempre di essere ad alta tensione. Sarà perché le armi affilate sono sempre a portata di mano come attrezzi del mestiere, sarà per l'abitudine al sangue dei frequentatori dell'ambiente, magari anche per gli odori piccanti delle spezie che danno alla testa.

Anche a casa la cucina, si sa, è la stanza della discordia, per non parlare dei condomini dove le liti aumentano ultimamente soprattutto a causa degli odori molesti dei piatti etnici. Ma nella società in cui non si parla che del cibo, lo chef diventa un maestro mediatico, un giudice senza pietà. E la scena classica dei piatti che volano diventa facilmente un duello coltello tra i denti. Quando la competizione e l'antagonismo arrivano all'eccesso succede che un grande chef francese come Bernard Loiseau nel 2003 s'infili in bocca un fucile da caccia e si uccida per timore di perdere una stella Michelin. Il perfezionista si chiama il libro che racconta la sua storia.

Diciamolo, anche qui la tv fa la sua parte, con i suoi talent e reality show culinari a tutte le ore. Perché i teledivi gastronomici si presentano quasi sempre con la faccia cattiva. «La tv c'ha la gastrite», è una battuta di Fiorello.

Il caratteraccio di Gianfranco Vissani ha fatto scuola, «Diavolo di uno chef» si chiama il programma di uno dei primi conduttori tv di cucina, il britannico Gordon Ramsay. Vediamo sullo schermo Cucine da incubo di un barbuto Antonino Cannavacciuolo che gioca con la sua aria truce tra coltelli e mannaie e un Carlo Cracco che a Masterchef ed Hell's Kitchen fa il giudice spietato di concorrenti ridotti alle lacrime. Assistiamo a scene di cuoche che alla provocazione rispondono con le mani al collo.

«In cucina tutto può accadere - ammette il famoso chef Antonello Colonna-. Io mi arrabbio tutti i giorni, urlo, perdo le staffe, magari sbatto qualcosa al muro. Ma non vado mai oltre. Quando si è a livelli d'eccellenza è sempre come una finale della Coppa Campioni.Però, ai miei colleghi in tv dico che a volte esagerano ad estremizzare la rabbia: i piatti sporchi meglio lavarli in famiglia».

Il paragone calcistico è ricorrente. Davide Oldani, che prima di fare lo chef a Milano ha tentato questa carriera, dice che nella sua cucina si gioca un terzo tempo e si finisce stringendosi la mano. «25 anni fa con Ramsey eravamo in grande competizione: a volte ci rubavamo una pentola e ci scappava uno spintone. Niente di più».

Per il cuoco siciliano Filippo La Mantia in cucina ci vuole «un leader che sappia gestire bene la sua brigata, con ruoli precisi».

Ammette che il cibo crea tensioni perché intorno ci sono troppe aspettative: «Anch'io posso innervosirmi se la pasta non è cotta al punto giusto o una decorazione non è perfetta, ma arrivare al litigio no».

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