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Il pensiero unico che condanna il prete di Sora

Don Donato Piacentini
Don Donato Piacentini

Di poter essere crocefisso l'aveva messo in conto al momento della vocazione don Donato Piacentini, il parroco di Sora inquadrato dal bazooka del pensiero unico per la sua predica nel giorno di san Rocco. Perché di dittatura del pensiero unico ormai si tratta, se uno non è più libero di dire che dalle barche degli scafisti delle ong scendono, fingendosi minorenni, omoni con «telefonini o catena al collo e dice che vengono dalla persecuzioni. Ma quale persecuzioni? Guardiamoci intorno, guardiamo la nostra città, guardiamo la nostra Patria, guardiamo le persone che ci sono accanto e che hanno bisogno». Un pensiero ruvido e reso ancor più sferzante dal fatto di venire da un uomo di Chiesa, ma pur sempre un pensiero. Corroborato, perdipiù, dalle immagini di giornali e telegiornali che quei ragazzoni in salute con telefonini e catene d'oro ci mostrano continuamente. Eppure il giorno dopo don Donato è dovuto andare in chiesa scortato dalle forze dell'ordine. La sua colpa? Aver espresso un punto di vista. Discutibile fin che si vuole, ma pur sempre l'opinione di un uomo che per quanto consacrato alla parola di Dio, risponde della sua. Apriti cielo. Il povero parroco è stato subito ripreso dalle gerarchie ecclesiastiche che, vestite le sottane del vescovo Gerardo Antonazzo, gli hanno rimproverato l'aver osato parlare di Patria e italiani bisognosi. Cosa che si guardano bene dal fare quando qualche prete rosso augura l'inferno al ministro Salvini o a Berlusconi. Passato il tempo in cui sinistra e Chiesa, occupando comodamente le poltrone di ministro, primario, direttore di giornale, università e festival assicuravano che «non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la mia vita perché tu lo possa dire». L'abbia detta Voltaire o qualcun altro, poco importa. Ora su quelle poltrone sono arrivati i barbari. E allora che guerra santa sia. Con quella stessa sinistra e quella stessa Chiesa pronte a prendere il povero parroco per inchiodarlo alla croce del sovranismo dopo averlo lapidato per bene. «Il prete salviniano», lo ha marchiato a fuoco quella patria dell'illuminismo volterriano (e scalfariano) che vorrebbe essere Repubblica. «Se serve mi scuso», ha risposto lui, e par di vederlo travolto dagli schiaffoni dei benpensanti, tremare all'idea di essere sospeso e perdere parrocchia e parrocchiani. Quegli stessi che non hanno pronunciato una sola parola contro di lui e con la stessa Repubblica costretta a dar conto del sondaggio on-line della testata Sora24 con il 70 per cento a favore del don.

E contro i migranti con smartphone e collane d'oro.

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