Economia

Pensioni ferme al palo: negli ultimi cinque anni soltanto 50 euro in più

Lo studio dei dati dell'Inps dal 2012 conferma la paralisi. E nel Piano nazionale delle riforme del Def spunta anche la scure sulla reversibilità

Pensioni ferme al palo: negli ultimi cinque anni soltanto 50 euro in più

Roma - Gli importi delle pensioni non aumentano più. Archiviati automatismi che non avevano ragione di restare in vita, il calcolo contributivo non premia gli assegni di chi si ritira dal lavoro. L'aumento medio negli ultimi cinque anni è di 53,1 euro al mese, ha calcolato ieri l'agenzia stampa Adnkronos sulla base di dati Inps. L'importo medio annuo delle pensioni è passato da 10.093 euro del primo gennaio 2012 a 10.784 euro delle ultime rilevazioni.

Si salvano le pensioni di vecchiaia, che sono passate da 13.436 euro a 14.507 euro. L'incremento medio mensile è stato di 82,4 euro al mese. Bene le invalidità previdenziali, con aumenti medi di 60,4 euro mensili.

Oltre alle considerazioni di tipo sociale (gli importi sono bassi e aumenti risicati compromettono il potere di acquisto) ci sono quelle di tipo politico.

La prima è che il premier Matteo Renzi ha promesso in qualche modo l'estensione del bonus di 80 euro anche ai pensionati, esclusi dalla prima misura, riservata ai lavoratori dipendenti.

Nel Def non c'è traccia di questa misura, mentre c'è un accenno alla introduzione della flessibilità in uscita, ma compatibilmente con i conti pubblici e comunque come scelta individuale. In altre parole, come già succede per l'opzione donna, pensione in anticipo in cambio di tagli sostanziosi all'assegno. La previdenza targata Renzi, se queste sono le premesse, sarà quindi ancora più povera, anche se meno rigida rispetto ad adesso (e non è difficile visto che il nostro sistema adesso è uno dei meno generosi d'Europa).

Altra considerazione politica riguarda il passato recente. Con la prima legge di stabilità il governo Renzi ha messo un limite agli importi delle pensioni calcolate con il contributivo. Il dipendente che andrà in pensione con questo sistema, che in teoria è meno generoso, ma premia chi ha lavorato di più e quindi ha versato più quote all'Inps, non potrà avere rendite superiori all'80 per cento dell'ultima retribuzione, come succedeva con il retributivo. Un limite all'importo degli assegni, ancora una volta, in un paese già caratterizzato da pensioni, a pioggia, ma poco generose.

Dossier complicatissimo quello della previdenza per il governo. Come dimostra un altra parte del Documento di economia e finanza approvato venerdì dal governo. Nel Piano nazionale delle riforme, c'è un accenno al pacchetto povertà e alla riforma delle prestazioni sociali che «verranno rese più eque e omogenee tra loro». Impegno all'apparenza innocuo, ma che ha fatto drizzare le antenne degli addetti al settore, perché quel riordino comprende il taglio delle pensioni di reversibilità.

Lo «scippo alle vedove» che Renzi ha detto di non volere.

Commenti