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Alla periferia di Reggio il derby della piazza "Cappa di sinistra", "Create un clima d'odio"

Sardine e sovranisti manifestano a 200 metri di distanza e non si scontrano

Alla periferia di Reggio il derby della piazza "Cappa di sinistra", "Create un clima d'odio"

nostro inviato a Bibbiano (Re)

Al parcheggio del Conad si ritrovano gli uni accanto agli altri. Manco andassero a fare la spesa. «Voi leghisti avete creato un clima di egoismo e paura nel Paese - attacca Mauro, missionario laico con radici toscane». «Qui c'è una cappa sulla testa delle persone. È ora di far saltare il sistema», replica Davide, impiegato sulla quarantina in provincia di Parma. Dispute pacate. Niente di epico nella disfida. Camminano gomito a gomito, ciascuno per raggiungere la sua piazza. Finiscono per aprire una discussione che coinvolge altri militanti del Carroccio e altre sardine.

Piazza Grassi e la piazza del Municipio sono vicinissime, anche se bisogna fare una curva per andare da una parte all'altra. Di qua, alle sei di un pomeriggio gelido ed eccitato, i cartelli «Giù le mani dai bambini», i vecchi leghisti con i baffoni di rito bossiano, gli stessi che vent'anni fa immergevano le ampolle alle sorgenti del Po, e una folla mista di giovani e vecchi: il nuovo arcobaleno salviniano.

Di là, palloncini, un po' funerei, e musica. Facce di ragazzi. La generazione dei trentenni dalle vite e dai lavori fluidi. Zainetti e codini, in qualche modo simili al leader spuntato dal nulla, Mattia Santori, con il suo sorriso beffardo e il cerchietto vezzoso fra i capelli. Intorno, gli abitanti un po' schierati e un po' infreddoliti di un borgo catapultato dalla cronaca giudiziaria in prima pagina e per un giorno ombelico d'Italia.

Il celodurismo forgiato nel dramma dell'immigrazione e nelle ansie da insicurezza contro la sardinitudine, cosi l'hanno ribattezzata con un tocco esistenzialista, e i sentimenti di una sinistra spaesata che prova a riprendersi la scena. I confini, sulla carta, sono netti e pure spigolosi. Ma c'è chi li attraversa e forse le due piazze, al di là del palio che si celebra domenica, non sono cosi lontane. Alle sei della sera, con il buio che incombe, i due mondi si annusano, si fiutano, forse si scambiano opinioni prima che il sipario si alzi sul duello.

«Ero in Camerun - riprende Mauro - una settimana fa, per il mio lavoro con i bambini di strada, quando la radio locale in lingua francese ha parlato delle sardine. Mi colpiscono i loro ideali ma mi chiedo: non è che c'è qualcuno dietro di loro?». E gli occhi tradiscono il sospetto.

Il signor Davide è troppo impegnato a tenere al guinzaglio i due splendidi cani da caccia che gli fanno compagnia: «Sono leghisti pure loro», sorride orgoglioso, mostrando gli adesivi del Carroccio incollati sui foulard che proteggono Elfi e Plume dalle temperature artiche. La signora Elena, professionista con occhialoni e cappello di lana a nascondere il viso, offre un'altra traiettoria: «Io ero per i 5 stelle, ma sono passata senza rimpianti alla Lega davanti al disastro combinato dai grillini. E sono qui oggi perché da queste parti c'è ancora una mentalità sovietica». Arrivano i pullman dalla Liguria e scaricano famiglie sovraniste con bambini e passeggini. Paolo, immobile su una bicicletta come un doganiere, li fulmina con lo sguardo: «Anche questa sera, se vogliono, porteremo dei bambini da mangiare. Vergogna».

Le due piazze, tutte e due formicolanti, sono di nuovo agli antipodi. Ma i flussi in tutte le direzioni proseguono. Dentro una grande nuvola di incertezza e di smarrimento generale. È più facile essere contro qualcuno che a favore di qualcosa. Avanti cosi. Verso il futuro anche se la signora Mariuccia si fa prendere dalla nostalgia: «Mia mamma ha fatto la comparsa nel film con don Camillo. Io, invece, ho comprato negli anni '80 una Ferrari bianca come la Dc. Poi ho votato Berlusconi e ora eccomi qua». Sotto il poster, con la barba di Matteo.

SteZu

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