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Perquisito il Campidoglio. La Raggi braccata dai pm

Nomine, acquisiti dalla Finanza cinque mesi di atti. Lei minimizza: "Nulla da nascondere, è ridicolo"

Perquisito il Campidoglio. La Raggi braccata dai pm

Le fiamme gialle fanno mercoledì una perquisizione in Campidoglio? La vicenda alla sindaca di Roma sembra «ridicola», perché lei non ha «nulla da nascondere». I pm indagano sulle nomine probabilmente irregolari dei suoi fedelissimi Salvatore Romeo e Raffaele Marra? Virginia Raggi parla di «atto dovuto» e trova «simpatico» che tutto nasca dall'esposto del suo ex capo di gabinetto Carla Raineri, indotta alle dimissioni dopo la bocciatura di un parere dell'Anac a settembre, proprio per essersi opposta a quelle nomine. C'è alto rischio di un'accusa di abuso d'ufficio? La primadonna del Campidoglio definisce «interessante» che «l'unica persona che sia stata nominata con una procedura irregolare stia ora levando gli scudi» e confessa candidamente che lei la Raineri intendeva «nominarla con un'altra procedura», come se in Comune comandasse qualcun altro.

La sindaca grillina fa spallucce, minimizza, di fronte alla bufera. E mette nei guai ancora una volta il M5S, che intanto cerca in ogni modo di dimostrare che può andare al governo del Paese. Beppe Grillo, a Roma per una riunione con i vertici del M5S, prova a prendere le distanze dicendo che il blitz è affare del Comune. Poi, al solito, spiega che il movimento è «sotto attacco» e i giornalisti non capiscono nulla. Gioca sulle parole: «Si inventano vere e proprie bufale. Quanto riportato da tutti i media è falso. Non c'è stata nessuna perquisizione in Campidoglio, si è trattato di una semplice acquisizione di atti».

Ricorda la Muraro, che quando le chiedevano se era indagata (lo era e lo sapeva) per mesi ha risposto: «Non ho ricevuto un avviso di garanzia». Ecco ora l'ha ricevuto, il 21 dovrà rispondere al pm Alberto Galanti su 5 contestazioni per reati ambientali ed è stata obbligata a dare le dimissioni, perché non poteva mentire più. La Raggi, che l'ha sempre difesa, ne assume le deleghe e assicura «che l'attività di risanamento di Ama prosegue». Ma un altro fatto grave dice il contrario.

Si parla insistentemente dell'intenzione del direttore generale di Ama Stefano Bina di dare le dimissioni. Nominato il 22 agosto, già il primo settembre stava per seguire l'esempio dell'ex amministratore unico Alessandro Solidoro, che lasciò il posto con la Raineri, il superassessore al Bilancio Marcello Minenna e i dirigenti di Atac. Pare non tollerasse lo strapotere della Muraro, come Bina.

Con un Campidoglio che perde pezzi in continuazione, un'aula comunale in cui si sfiora spesso la rissa, le società partecipate nel caos e l'incombere delle inchieste della magistratura, c'è poco da ridere. La visita della Finanza conferma la pesantezza delle accuse sulle manovre del «raggio magico», ma Virginia dichiara «assoluta serenità». Eppure, la polizia giudiziaria specializzata in reati contro la Pa ha sequestrato scatoloni di atti e documenti per andare a fondo sulle nomine dei suoi dirigenti. Come il capo della segreteria della Raggi, Romeo, che ad agosto si è fatto promuovere e triplicare lo stipendio tagliato ad ottobre, per le proteste, con una procedura bocciata lo stesso mese dall'Anac. Come l'ex vice capo di gabinetto Marra, ora al vertice del Personale, che pare non abbia i requisiti da dirigente. Raffaele Cantone ha chiesto al responsabile Anticorruzione del Comune gli atti per una verifica, dopo la nomina del fratello Renato alla guida della direzione Turismo e i 15 giorni per rispondere sono già scaduti. Altri guai per la Raggi sono dietro l'angolo, perché l'amico Raffaele non ha rispettato l'obbligo di astenersi, quando si tratta di parenti. La Procura procede contro ignoti e non indica ancora il reato, ma la sindaca potrebbe finire indagata per abuso d'ufficio.

La Raineri, nell'esposto, ha riferito dettagliatamente non solo di nomine illegittime, ma di pressioni, minacce e manovre, confermate ai pm da Minenna e Solidoro.

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