Il pesante giudizio di Giovanni Ansaldo

Margherita Sarfatti - Mercoledì, una telefonata, una voce femminile all'apparecchio: era la signora Sarfatti, che voleva andassi a darle un salutino a Villa Howell, salita Santa Tecla 8, dove era ospite di passaggio. Andai. Essa era venuta a Genova per conoscere Gordon Craig, per suggerimento di Sorrentino; poi, «si arrembò» su di me. Dopo un tè dagli Howell essa venne in città con me; io la portai a fare il mio Tour des Ganducs: Ravecca, Sarzano, Santa Maria in Passione, Mascherona: con sosta conclusiva in Sottoripa dalla Carlotta, che ci offriva «l'aperitivo». Ieri giovedì, poi, come d'accordo, le telefonai alle 10:30 per sentire se era libera. Era liberissima. Allora la invitai a colazione, e mobilitai Melloni (Mario - futuro Fortebraccio - ndr), Bozzi, Cuneo per tenere un po' su una conversazione; andai a prenderla, le feci depositare le valigie alle Letture (Letture Scientifiche, ndr), poi insieme con gli altri andiamo al San Pietro (il ristorante alla Foce progettato da Mario Labò, ndr): abbondante mangeria, chiacchiere fino alle 4.30; nuova sosta alle Letture, rientro, con le valigie, per la stazione; servizio completo.

L'impressione generale che, dopo qualche ora di conversazione, ho di questa donna è poco simpatica. Oggi la Sarfatti avrà circa 60 anni. Si vede chiaramente in lei la traccia dell'antica bellezza, è vestita in modo adatto alla sua età, un po' tinte le labbra, ma nulla, insomma, di ridicolo. La prima cosa che colpisce in lei è il tono da maestra, più pedagogico ancora che imperatorio. È precisa nelle sue affermazioni, perentoria nei suoi giudizi; non ha la minima arte della gradazione, della sfumatura. Ha sempre qualche cosa da precisare e da definire. «Se lo dico, vuol dire che lo so»; oppure: «Non parlo a vanvera»; oppure: «È una questione su cui sono ferrée», queste ed altrettali amabili frasi sono i suoi espedienti oratorii.

Superata questa prima impressione, ci si accorge poi che, sotto sotto, questa donna, così pronta a definire e a cattedrare, è arida. Non si appassiona veramente di politica, ma vuole darsi arie di donna politica, non ha nessun interesse, più, per affari di cuore e di sensi, ma in certi momenti vuole ancora darsi l'aria di donna galante, non è affatto trasportata per la letteratura e le cose dello spirito, ma sì da tutte le arie relative.

Falsa politicante, falsa galante, falsa letterata, in lei - oltre alle antiche bellezze fisiche non ci dovette essere mai altro che un arrivismo mondano, tipo quello della Morgavi; ma su un altro piano.

Non ha cuore, non ha interesse per la povera gente, non ha umanità, non ha nessuno di quei tratti pii, che piacciono tanto nelle donne. A Santa Maria in Passione, essa finse di interessarsi di una famiglia di sfrattati; ma non ebbe un gesto sentito, e capii che era tutta commedia per me. Viceversa ieri, quando lasciò la villa Howell, vidi come trattava le cameriere; anzi come non le trattava affatto, con quella assenza di accenti spontanei, che rivelano la donna cortese anche con gli umili. La lunga abitudine poi a essere corteggiata e adulata è diventata in lei una seconda natura; riceve gli omaggi come se le fossero dovuti, e quasi non ringrazia della gentilezza, non ebbe, in fondo, neppure una parola veramente amabile per me, che pure mi ero sacrificato per due giorni al suo servizio: parve non accorgersi nemmeno che io le avevo pagato taxi e colazione.

Come idee, essa rimastica quelle degli altri. Non una cosa originale, che si senta veramente spremuta da una elaborazione propria. È contro Flaubert, per esempio, perché legge su le polemiche antiflaubertiane di Francia, e ne ripete punto per punto gli argomenti; ammira Gordon Craig perché ha sempre sentito ripetere che G.C. è un grande scenografo, ma null'altro. Trascurata ora non poco, e quindi nascostamente amareggiata, accenna di tanto in tanto, lievissimamente, a un po' di fronda; trova che i giornali italiani sono poco interessanti, che la censura sui romanzi (?) è asfissiante, ecc.; viceversa, si indigna - o finge di indignarsi - perché è stata data la tessera a Missiroli: «Questo poi no, una di quelle sforzature che indispongono, che io mi debba mettere sull'attenti ecc. ecc.».

Come tutti gli intellettuali italiani, è ammiratrice dello straniero; ostenta volentieri la sua capacità di parlare inglese, di conferire più che può con giornalisti americani, dice che bisogna smetterla con la leggenda che gli italiani abbiano dell'ingegno, e che solo quando non si dirà più così lavoreranno, si organizzeranno ecc. Trova bella la rivista Occidente, interessante la collezione Medusa, ecc.: tutto su questa linea.

È di fondo incorreggibilmente plebeo e maleducato. Mangia troppo; parla troppo forte; ride troppo alto. E finisce poi per rivelare la corda su cose minime. Ieri, dopo che da me, e da tutti, era stata trattata con larghezza signorile, essa ci avvelenò l'ultima ora di compagnia con tutta una storia del suo libretto ferroviario, che doveva venire per espresso da Roma, che bisognò mandare a prendere a Santa Tecla, per cui bisognò fare dieci telefonate: e tutto per non perdere il rimborso giornalistico!!! Ecco dove è finita per cascare Notre Dame du régime!

Certo, conoscendo lei, si capisce meglio anche lui. Una donna simile, così «pedagogicante», così volgare di fondo, ma insieme di ingegno o così pronto all'assimilazione e all'affermazione pronta, poteva piacere solo a un uomo di popolo, e poter essere ammirata come una grande donna solo da chi non aveva mai visto vere signore. Essa dovette insegnargli molte cose, e certo gliele insegnò; quando egli l'ebbe apprese, congedò l'insegnante, e fece bene...

Di cose serie, la S. non ne disse che due: primo, che la vera ragione dell'antipatia del Duce per Hitler è l'età; secondo, che tutto il suo libro Dux fu riveduto pagina per pagina dal protagonista. Di cose simpatiche, ne dimostrò due: una certa simpatia per la Francia, e molto rispetto per la memoria della Kuliscioff e anche di Turati (essa disse, tra l'altro, che la Kuliscioff, tra infinite qualità, non aveva cuore: «Al posto del cuore, un diamante». E può essere vero).

7 settembre 1934

Giovanni Ansaldo

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