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Il pg non fa sconti al Cav: "Giusti i 7 anni per Ruby"

Anche in appello l'accusa chiede la condanna di Berlusconi: non c'è ragione  per concedere le attenuanti generiche. La difesa: "Una sentenza indifendibile"

Non c'è «alcuna ragione» per concedere all'ex premier Silvio Berlusconi le attenuanti generiche. Non «per i fatti di reato contestati», non «per il complessivo comportamento tenuto dall'imputato», e nemmeno «per il precedente penale» della sentenza Mediaset. Va male, malissimo al Cavaliere. In Appello, il processo Ruby arriva alle battute conclusive, e il sostituto pg Piero De Petris termina la requisitoria chiedendo la conferma della condanna inflitta a Berlusconi in primo grado: 7 anni per concussione e prostituzione minorile. Troppi, come sostiene la difesa dell'imputato? Non per il magistrato. «La severità della sanzione è innegabile, ma la sentenza di primo grado ha dato conto delle complessive ragioni riguardo al fatto che il trattamento sanzionatorio non si poteva attestare sul minimo edittale della pena». Insomma, sentenza dura ma giusta.

Il racconto fatto da De Petris in aula è quello di una catena di menzogne. Da quando Karima el Mahroug - alias «Ruby Rubacuori» - arriva in questura a Milano la notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010. È una balla - insiste il pg - la storia della «nipote di Mubarak», una «circostanza palesemente falsa» rappresentata dall'ex premier al capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, al solo scopo di sottoporre il funzionario a un'indebita pressione. «All'improvviso tutte le coordinate di prassi in questura entrano in fibrillazione. La ragazza non deve più essere fotosegnalata ma dev'essere rilasciata». Ostuni si sente dire al telefono che «abbiamo un problema». Tradotto, secondo De Petris, «tu, Ostuni, hai un problema. Vedi di risolverlo in fretta». E così il primo dirigente di polizia capisce «perfettamente che ciò che gli era stato impartito da Silvio Berlusconi era un ordine e a quest'ordine doveva adempiere». E non solo Berlusconi non si limita «a far valere l'autorità di presidente del Consiglio», ma gli parla anche «di un pericolo di incidente diplomatico». Ciò denota una «inequivoca portata intimidatoria» nei confronti di Ostuni. Una «minaccia implicita». Di più, si tratta di «un abuso colossale».

Ma una balla sarebbe anche la versione delle «cene eleganti». Macché, è l'affondo del pg che riprende le parole della teste Melania Tumini, ad Arcore era un vero e proprio «puttanaio». Le ragazze - Ruby compresa - si prostituivano. Non ha dubbi, De Petris. «È certa l'attività di prostituzione della minorenne presso la residenza dell'allora presidente del Consiglio», dice ai giudici citando intercettazioni e testimonianze. Così come è certo che Berlusconi fosse a conoscenza della minore età della ragazza, motivo per cui intervenne personalmente con la questura, spingendo affinché la ragazza fosse «affidata» Nicole Minetti. «Termine, l'“affido”, che si usa per i minorenni».

«È stata una bellissima difesa di una sentenza indifendibile», commenta al termine dell'udienza il professor Franco Coppi, che con l'avvocato Filippo Dinacci difende l'ex premier. «Il pg è convinto della responsabilità del presidente Berlusconi e ha concluso in modo coerente», ma «gli argomenti della difesa ci sono ancora tutti e molto validi». Coppi si dice ottimista sull'esito del processo. Manca poco per conoscerne l'esito.

Già venerdì prossimo, infatti, potrebbe arrivare la sentenza.

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