Politica

«È il più odioso di tutti i peccati Solo i ricchi possono permetterselo»

Lo scrittore, osservatore attento del costume, parla del più fastidioso dei vizi: «Deriva dalla superbia, e dalla paura di perdere ogni cosa»

Stefania Vitulli

Il fatto è che Gaetano Cappelli non è solo uno scrittore, ma un fenomenologo del costume, come dimostra il suo ultimo Quanto sei cool (Sonzogno), «piccola guida ai capricci del gusto» che - scritta da un esteta che gira in Jaguar e dice di sé (citiamo dal profilo Twitter «Scrivo storie per chi non si accontenta di una vita sola» è una garanzia di rivelazioni su noi stessi e le nostre griglie comportamentali. Ecco perché l'avarizia, tra i vizi capitali più complessi, merita la sua analisi lucida ed elegante.

Come giudica l'avarizia?

«Lo considero sicuramente il più odioso dei vizi capitali. Ma anche il più esclusivo e classista, l'unico che solo i ricchi possono permettersi. In questo superiore perfino alla gola. Se non puoi dire di avere, avaro non puoi essere: la parola avarizia ha nella sua stessa radice include la parola avere».

Una storia dalle radici lunghissime...

«Nel corso della storia l'avaro si è dimostrato essere anche l'avido, che desidera sempre e che sempre è insoddisfatto. Il che ha portato a un apparente paradosso».

Ovvero?

«Con l'avvento del capitalismo l'avarizia ha finito per coincidere con un atteggiamento virtuoso. Chi è il capitalista, se non uno che mettendo in moto risorse, crea posti di lavoro e ricchezza, ma per farlo deve esercitare la cupidigia?».

Come giudica invece gli avari?

«Un ricco avaro non offre mai nulla, paralizzato dal timore di dover sganciare dei soldi. Nella mia giovinezza ho avuto il privilegio di passare una serata a cena con Moravia, mi ci portò il mio amico Dario Bellezza, che era povero in canna. Pensavamo che avrebbe naturalmente pagato lui e si aggiunsero altri giovani di belle speranze, tutti contenti di abbeverarsi alla sua sapienza letteraria. Ma al momento del conto ci fu una situazione di imbarazzo: pagammo noi, alla romana. Offrimmo la cena al Maestro, che era ricchissimo».

Che cosa spinge l'avaro a persistere nel vizio?

«La superbia: perché devo pagare io? Devi essere onorato della mia presenza. Ma anche insicurezza, timore per il futuro: la paura di perdere tutto».

La fiction ci va a nozze.

«La letteratura è piena di avari che, in quanto disprezzabili, si prestano ad essere dileggiati: da Creso a Euclione in Plauto, fino ad Arpagone, l'avaro di Molière e allo Scrooge di Dickens».

Un avaro globale?

«Jeff Bezos, che è insieme l'uomo più ricco e il più avaro del mondo. Non tanto perché rispetto ad altri tycoon dà pochissimo in beneficenza ma, soprattutto, per i ritmi cui sottopone i suoi dipendenti. Quando potrebbe, viste le cifre folli che guadagna, rendergli tranquillamente la vita meno grama. D'altra parte, che cosa aspettarsi da uno che già da ragazzino installò un allarme elettrico per tenere lontani i fratelli più piccoli dalla sua stanza?».

Un avaro locale?

«Un paio di anni fa fu trovato un clochard a Milano, Walter: amava leggere i libri di Camilleri. Ex barista che aveva perso il lavoro, si era lasciato con la moglie ed era finito in strada: la sua foto diventò virale e l'immensamente ricco Camilleri disse: Gli regalo i miei libri. Come Maria Antonietta: Hanno fame? Mangino brioche!. Il povero Walter - non so se sia sopravvissuto altri due anni all'addiaccio rispose: Grazie per i libri, ma il problema è che io non ho una casa. Un apologo che spiega anche la scoppola alla sinistra alle elezioni: l'avarizia ti distanzia tanto che non riesci più a capire situazioni basilari e bisogni delle persone».

Esiste un'avarizia dei sentimenti?

«Non concedersi mai appieno alle persone: viviamo poi in una società di single, in cui nessuno porta avanti l'idea di un vero incontro. L'individuo ha acquisito una evidenza e una forza insopportabili nella società. Mettere al mondo figli è diventato un desiderio eroico».

Un avarizia della scrittura?

«Lo scrittore poco codificabile è avaro: Paul Auster in 4321 fa scelte narrative incomprensibili. Tutti i postmoderni, De Lillo, Pynchon, sono avari di significato. Allo stesso modo, chi racconta solo storie ma in modo sciatto, è avaro di stile e forma, come Dan Brown».

Antidoto all'avarizia?

«La joie de vivre! Offrite agli avari caviale e vodka, il lusso, e sperate nella loro conversione».

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