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Più sei vecchio più paghi. L'ultima follia del Pd ci costerebbe 30 miliardi

La proposta dell'ex sottosegretario renziano Nannicini: giù imposte e contributi ai giovani

Più sei vecchio più paghi. L'ultima follia del Pd ci costerebbe 30 miliardi

Tasse più leggere per i giovani. È questa l'ultima novità fiscale del programma di Matteo Renzi per la segreteria Pd illustrata ieri al Messaggero dall'ex sottosegretario Tommaso Nannicini. L'idea è introdurre «una doppia progressività, legata al reddito ma anche all'età: più sei giovane, meno tasse paghi». L'intento sarebbe «rimuovere alcune storture nel rapporto tra generazioni che ancora ci portiamo dietro».

In pratica, l'abbattimento del cuneo fiscale studiato dal brainstorming renziano è duplice: da un lato, sulla falsariga di quanto già attuato ai tempi di Palazzo Chigi, proporre una politica incentrata sulla decontribuzione per i neoassunti, dall'altro lato abbassare le imposte sui redditi da lavor dipendente, concentrandosi su coloro che entrano nel mondo del lavoro. Come sottolineato da Nannicini, si pensa di «dare a ogni giovane lavoratore una dote decontributiva», ad esempio «per i primi tre anni di lavoro a tempo indeterminato, fino a 35 anni, i contributi sono pagati dallo Stato». L'obiettivo è accelerare le stabilizzazioni: «se dopo un certo lasso di tempo, l'azienda non ha ancora assunto il giovane a tempo indeterminato, questi potrà attivare la sua dote di decontribuzione presso un'altra azienda».

Si tratta di un ampliamento organico del «lavoro di cittadinanza». Il costo dovrebbe essere ben superiore alla ventina di miliardi di euro ipotizzata nel momento in cui Renzi lasciò trapelare questa ipotesi di lavoro. Lo sgravio degli oneri previdenziali e contributivi per i neo assunti nella sua prima formulazione nel 2015 costò qualche miliardo in più dei quindici inizialmente stanziati. A questa spesa si dovrebbero aggiungere il taglio Irpef per gli under 35 e, soprattutto, le altre politiche attive per il lavoro. Tra queste spiccano la formazione continua per tutto l'arco della vita lavorativa, il rafforzamento del reddito di inclusione attiva già varato dall'esecutivo Renzi e l'individuazione di «lavori che servono dal lato della pubblica amministrazione o del terzo settore». Menù costosissimo del cui finanziamento per ora poco è stato reso noto.

Ieri, infatti, Nannicini è tornato sul leitmotiv renziano della web-tax («Un tema da affrontare a livello europeo») aggiungendo che le altre coperture saranno reperite mediante l'emersione della base imponibile, dell'Iva in primis, mentre «la riforma della Pa dovrà portare a risparmi graduali ma tangibili». L'imposta sul fatturato conseguito in Italia dai colossi digitali dovrebbe determinare un gettito di qualche miliardo di euro, idem per l'inversione dei versamenti dell'Iva (modalità che sottrae liquidità alle imprese). Troppo poco per finanziare un programma così ambizioso il cui costo si avvicina più ai 30 che ai 20 miliardi. Emersione della base imponibile, in genere, fa rima con lotta all'evasione fiscale, ossia con l'utilizzo di metodi sempre più sofisticati per aumentare l'autotassazione. Il rischio, pertanto, è che per portare qualche incerto vantaggio ai giovani lavoratori si creino non pochi problemi alle imprese. Oppure agli anziani: un paper del 2011 di Nannicini suggeriva di finanziare gli sgravi ai giovani con un inasprimento fiscale sui seniores. D'altronde, anche le idee del premier Gentiloni sull'abbassamento del cuneo fiscale sono di matrice renziana. Poiché ogni punto di taglio costerebbe 2,5 miliardi si valuta anche di finanziarlo mediante un minor versamento di contributi previdenziali da parte dell'azienda.

Ci aveva pensato pure Renzi, poi lasciò perdere per non scontentare nessuno.

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