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Il piano del segretario: referendum e congresso

Boschi: chi vota "No" alla riforma è come CasaPound. Cuperlo esige una smentita ma il ministro insiste: è un dato oggettivo

Il piano del segretario: referendum e congresso

Roma Cinque mesi di «mobilitazione straordinaria» verso il referendum sulla Costituzione, con un «Pd per strada in modalità-banchetto permanente». E con una «moratoria dell'insulto» e della guerriglia interna. Poi, liberi tutti: dopo il referendum si aprirà la battaglia congressuale, e chi la vincerà porterà il partito alle elezioni del 2018.

La road map che Matteo Renzi ha proposto ieri alla Direzione Pd è questa. Ed è chiaro che il premier (che se la ride dei sondaggi, secondo cui mesi fa «M5s avrebbero vinto in 106 Comuni, poi alla fine hanno vinto in 17, in tre il sindaco è già a casa e in metà hanno problemi con la giustizia») vuole utilizzare la campagna referendaria come volano per le complicate Amministrative di giugno, per bypassare le difficoltà che sul territorio fanno arrancare molti candidati Pd.

E che è deciso ad investire tutto sulla scadenza di ottobre, convinto che la sua riforma, che «taglia i costi della politica e il numero dei parlamentari» e abolisce il dannato bicameralismo perfetto, abbia tutte le carte in regola per passare con un «Sì» massiccio dei cittadini. Ottenuto il quale, nel Pd non ci sarebbe più partita, Renzi vincerebbe in carrozza il congresso e farebbe piazza pulita della fronda interna nelle liste elettorali.

E sa che per questo la minoranza cercherà di remargli contro sulle Comunali, pronta a chiedergli il conto se non farà centro almeno a Milano, Roma o Napoli. L'offensiva giudiziaria crea un clima pesante, anche se la vicenda del sindaco grillino di Livorno offre a Renzi l'occasione per rivendicare il proprio garantismo a tutto tondo: «Noi non chiediamo le dimissioni di Nogarin, nonostante il doppiopesismo insopportabile dei Cinque Stelle: garantismo quando tocca ai tuoi e giustizialismo quando tocca ad altri».

Quanto alla magistratura, «io non entro in nessuna polemica. Auguro buon lavoro ai magistrati che fanno il loro dovere e mi limito a chiedere che si vada ai processi e alle sentenze, in tempi ragionevoli. Perché non si scopra magari dopo otto anni che gli imputati erano innocenti».

L'unica sortita anti-Renzi ieri l'ha tentata Gianni Cuperlo: «Esigo dalla Boschi una smentita: ha equiparato l'Anpi, che vota «No» alla riforma, a CasaPound». Respinto - soavemente - con perdite dalla ministra: «Più volte vi ho sentito equiparare chi vota Sì alle riforme a Verdini. Ho detto che chi vota No fa come CasaPound.

È un dato oggettivo, caro Gianni».

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