Cronache

Il pianto davanti ai carabinieri. E spunta l'ipotesi di un complice

Gli errori: dalle istruzioni dei timer sul comodino al flessibile chiesto al vicino. «Volevo chiudere coi debiti»

Il pianto davanti ai carabinieri. E spunta l'ipotesi di un complice

«Con i soldi dell'assicurazione avrei chiuso i miei debiti. Della cascina non mi importava niente. Era stata un investimento sbagliato. Ingestibile per un maneggio. Troppo grande, troppi soldi per fare un Bad & Breakfast, una valanga di tasse, tanti soldi buttati via, in un pozzo senza fondo. La gestione era impossibile, il riscaldamento valeva migliaia e migliaia di euro. Avevo fatto persino piombare il metano Alla fine avevo deciso di farmela pagare dall'assicurazione, non volevo fare del male a nessuno». Si dispera. La vergogna si dipinge sul viso di questo blaguer senza patria. Tre morti gli pesano (forse) sulla coscienza, ci sono carabinieri feriti e gravi. I carabinieri che lo ascoltano silenziosi non avvertono segni di pentimento ma di rammarico per il suo destino dietro alle sbarre. È lui stesso, quando ancora giocava a fare l'innocente a «definire l'attentato un disastro», con quei timer (un banale strumento per alberi di Natale, acquistato in un negozio del centro) non sincronizzati, uno alle 0.0, l'altro all'1,30 della notte. Possibile che un errore del genere sia stato fatto dalla stessa persona? Lui che va da un vicino di casa, chiede un flessibile per tagliare le sbarre di una finestra al piano terra per simulare l'intrusione dell'attentatore. Poi le istruzioni del timer lasciate sul comodino; gli spostamenti in auto con la moglie regolarmente ripresi dalle videocamere in tempi diversi: «Credevo che dopo l'esplosione del primo timer gli altri si fossero disinnescati da soli, erano dei giocattoli Sono arrivato all'1:34 e avrei potuto restare anch'io sotto le macerie». Qualcosa non quadra. Come ha giustificato con gli inquirenti quell'errore negli orari dei timer? Se il primo fosse esploso all'01:30 non sarebbe morto nessuno.

L'attentato di Quargnento ha una logistica assai complessa, nel senso che Giovanni Vincenti, 55 anni, manager dell'ippica e prima ancora del web, reduce da una serie di fallimenti senza appello, avrebbe organizzato e pianificato tutto da solo con il modesto aiuto (non ancora provato) della moglie. Tutto da solo? Acquistare e trasportare dai negozi della zona le bombole di Gpl prima a casa e poi nel cascinale? I carabinieri vogliono vederci chiaro su questo aspetto, di complici non ne ha parlato se non dei suoi sospetti su un singolo rivenditore: «Per me è stato lui». Dunque: al centro il fabbricato con 30 mila metri quadrati complessivi con lussuosa casa padronale di 500 metri quadrati, stalle, giardini e immobili più piccoli, valore 750 mila euro - gravato da ipoteche e sotto il pericolo di un sequestro da parte di banche e privati, compresi alcuni artigiani della zona mai pagati per i lavori svolti - in vendita da anni senza nessuna proposta di acquisto, e il reo confesso durante 10 ore di stringente interrogatorio, ha finalmente ammesso di un essere un pluriassassino ma solo quando non poteva non ammetterlo. Quest'uomo aveva scelto Quargnento ai tempi della moda di vivere in un casale. Molti Vip avevano scelto il Piemonte, da De Benedetti a Gad Lerner, e lui aveva fatto lo stesso. Ma il paese di 1200 abitanti aveva fiutato che sotto l'aspetto cordiale e amichevole c'era qualcos'altro e lo aveva, di fatto, isolato da anni.

Un reietto.

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