Cronache

Picchiò due poliziotti. Il giudice lo scarcera: "È richiedente asilo"

Monza, attenuanti generiche al profugo Ira delle forze dell'ordine: non ci aiutano

Picchiò due poliziotti. Il giudice lo scarcera: "È richiedente asilo"

Ci sono attenuanti di svariati tipi che un giudice può riconoscere: la provocazione, la lieve entità, gli elevati valori sociali, eccetera. La sentenza di un giudice di Monza introduce una nuova attenuante: lo status di rifugiato. Se un delitto viene commesso da un profugo, sembra dire una sentenza di sabato scorso, è meno grave che se fosse opera di un italiano. Esattamente il contrario di quanto aveva teorizzato una politica non sospetta di razzismo come Deborah Serracchiani del Pd quando disse: «Se uno stupro lo commette un profugo è più grave perché tradisce l'accoglienza che gli è stata data».

Anche nell'originale sentenza di sabato scorso si parla di violenze sulle donne: l'imputato beneficiato dal giudice era stato fermato la notte di venerdì dalla polizia di Sesto San Giovanni dopo la richiesta di aiuto di una donna nigeriana, che raccontava di essere stata brutalmente aggredita insieme ad un'amica da un branco di connazionali. L'amica finisce in ospedale con il volto tagliato a colpi di cocci di bottiglia, l'altra vittima è ancora sul posto quando arriva la Volante. E sul posto ci sono anche alcuni del branco. Gli agenti cercano di fermarli, e uno di loro si scatena contro gli agenti. Sputi, colpi: per immobilizzarlo deve intervenire un'altra pattuglia. Quando alla fine riescono ad averne ragione, scoprono il motivo di tanta riluttanza all'arresto: l'uomo ha con sé una confezione di droga, quaranta grammi di hashish. È uno spacciatore, insomma. Lo portano in guardina e la mattina dopo in tribunale per la convalida dell'arresto e il processo per direttissima. Il giudice dà atto che le prove contro l'imputato sono solide, «il verbale di arresto dà atto della condotta violenta assunta dall'imputato nei confronti degli agenti che lo stavano inseguendo».

Al momento di quantificare la pena, il giudice accetta l'accordo raggiunto tra la Procura e l'imputato. L'uomo viene condannato a un anno di carcere con la condizionale e immediatamente scarcerato. L'indulgenza è motivata dal fatto che è tecnicamente incensurato, anche se risultano denunce e inchieste a suo carico per spaccio di droga e violenza sessuale. Ma a favore dell'imputato gioca soprattutto l'attenuante-profugo: «Le condizioni precarie di vita dell'imputato, in attesa di asilo politico, consentono il riconoscimento delle attenuanti generiche».

Il giudice, nonostante la gravità delle accuse e le altre denunce collezionate dal giovanotto, si dice convinta che d'ora in poi si comporterà onestamente, «è possibile una prognosi favorevole in ordine alla commissione di nuovi delitti». I poliziotti hanno dieci giorni di prognosi, la donna aggredita con i pezzi di vetro ne avrà per due settimane, l'imputato prima di sera è libero.

Quando la notizia viene resa nota dall'Ansa, i sindacati dei poliziotti si indignano: «Per dovere e per cultura - dice Giuseppe Tiani del Siap - riconosciamo e rispettiamo le sentenze della giustizia italiana, ma decisioni di questo tipo non aiutano il nostro personale che quotidianamente interviene per garantire la sicurezza della cittadinanza».

Più pesanti i toni di Riccardo De Corato, assessore alla sicurezza della Regione: «Sappiamo che uno dei principali problemi legati al rapporto tra agenti e giudici, è la scarsa severità con cui i magistrati, spesso e volentieri, trattano delinquenti che la Polizia arresta per reati minori". Quello che verrebbe da domandarsi di fronte a fatti simili, è se alcuni magistrati siano più dalla parte dei servitori dello Stato oppure dei colpevoli di reato»

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