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"La plastic tax fa scappare le imprese. Ora fermeremo tutti gli investimenti"

Il patron di Acqua Sant'Anna: "Per essere veramente ecologisti basterebbe reintrodurre il sistema delle cauzioni sulle bottiglie"

"La plastic tax fa scappare le imprese. Ora fermeremo tutti gli investimenti"

«Stiamo pensando di spostare la nostra sede all'estero». Alberto Bertone, presidente di Fonti di Vinadio spa (produttrice dell'Acqua Sant'Anna), è indignato dalla plastic tax, il balzello che rischia di mettere in crisi l'intero settore.

Presidente Bertone, dalla plastic tax il governo pensa di ricavare 1,08 miliardi di euro l'anno prossimo e 2,19 miliardi nel 2021.

«Bisognerebbe calcolare quanto caleranno le vendite quando i consumatori vedranno che i prodotti costeranno quasi il doppio. Molto probabilmente il gettito sarà inferiore a quanto stimato. Noi prevediamo perdite molto forti dei volumi di vendita. Tantissime aziende della filiera a valle avranno un impatto negativo e saranno costrette a tagliare il personale o a chiudere. A questo si aggiungerà la riduzione dei servizi di trasporto».

La sua azienda, che ha il più grande impianto produttivo al mondo, come si riorganizzerà?

«Sicuramente fermeremo gli investimenti. Come si può investire quando si prevede di perdere dal 30 al 50% delle vendite? Il consumatore non è disposto a pagare di più. Così uccidiamo uno dei settori all'avanguardia della nostra industria. I produttori di preforme e di impianti di soffiaggio sono terrorizzati. E lo stesso discorso vale per gli imballaggi. Perderanno più gettito Iva di quanto ne guadagneranno con la plastic tax, ma soprattutto dal punto di vista ecologico non si risolverà nulla».

Perché, secondo lei, il problema resterà irrisolto?

«Basterebbe guardare cos'hanno fatto Germania e Stati Uniti. Le bottiglie di plastica costano dai 5 ai 10 centesimi in più e, quando si restituiscono, il costo viene rimborsato. Se, invece, vengono lasciate nei cestini, si creano team di raccolta che rappresentano una fonte di introito per il terzo settore. Come imprenditore cerco di capire le strategie vincenti e anche di copiarle. In Europa non esiste il problema della plastica: Germania, Croazia, Finlandia e tanti altri Paesi utilizzano il sistema del deposito cauzionale. L'industria cresce e l'ambiente viene tutelato. In Italia, invece, si applicano tasse per indirizzare i consumi.».

Le plastiche monouso vengono considerate molto inquinanti.

«Pensiamo alle bottiglie di vetro e alle lattine di alluminio disperse nell'ambiente. Se vanno a fondo nei corsi d'acqua, rilasciano sostanze molto più inquinanti. Pensiamo anche al riciclo: la plastica fonde a 150 gradi, l'alluminio a 660 gradi e il vetro a oltre mille. Perché demonizzare la plastica, dunque?».

Esistono delle alternative, però.

«Le bioplastiche costano molto di più e il consumatore non è disposto a pagare un prezzo più elevato. Noi le utilizziamo da 15 anni ma contano meno dell'1% della produzione. Le plastiche riciclabili come il Repet, invece, non sono prodotte in Italia e se dovessimo acquistarle dall'estero, determineremmo un peggioramento della nostra bilancia commerciale. Occorrerebbe dare il tempo all'industria di organizzarsi, ma i politici non hanno ben chiaro cosa fare e anche il rilascio delle autorizzazioni per il trattamento delle plastiche è troppo lungo a causa della burocrazia».

Sarete colpiti anche dalla sugar tax?

«Sì. Il governo pensa di farci diventare robot attraverso le tasse. Il consumatore, invece, sa che cosa scegliere secondo il proprio gusto o le proprie esigenze dietetiche. In questo modo o si uccide il mercato o si spinge l'utilizzo di dolcificanti che potrebbero essere più dannosi dello zucchero».

Cosa produrrà questo eccesso di tassazione?

«Siamo arrivati al paradosso che tutte le aziende che sono competitive pensano di spostare la sede all'estero».

E voi?

«Ci stiamo pensando, eccome! La pressione fiscale sulle imprese è al 70% in un Paese che fa di tutto per mettere in difficoltà le aziende leader come quelle del settore del confezionamento che esportano la loro tecnologia in tutto il mondo.

Potremmo ridurci come il settore dell'acciaio che, dopo essere stato fortemente penalizzato, deve essere sussidiato per convincere le aziende a rimanere in Italia».

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