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Quel plotone nemico del blocco dei barconi

Da Vendola alla Mannoia, ecco chi si era schierato contro la distruzione dei battelli

Quel plotone nemico del blocco dei barconi

Roma - Il via libera dell'Unione europea all'uso della forza militare in missioni mirate contro gli scafisti, che prevede la possibilità di distruggere i barconi come elemento della strategia per smantellare le organizzazioni dei trafficanti di esseri umani, rischia di spiazzare i tanti che, in Italia, avevano partecipato con voci più o meno sdegnate alla levata generale di scudi contro l'ipotesi di affondare le imbarcazioni sulla costa libica, avanzata dall'esecutivo all'indomani del tragico naufragio di aprile scorso nel Canale di Sicilia. Tra questi, l'ex premier e presidente della commissione europea, Romano Prodi. «Non c'è nessuno - confidò al Manifesto - che mi dica come si fa. Con questo sistema si rischia la strage di uomini, ma non mi sembra una soluzione (...) che facciamo, bombardiamo i migranti?». Bontà sua, Prodi concesse che «se uno potesse distruggere i barconi vuoti» sarebbe stato d'accordo.

Sull'equivoco vuoto-pieno scivolò Alba Parietti, polemizzando con la parlamentare di Forza Italia Daniela Santanché che su Twitter aveva invitato a bombardare i barconi. La Parietti ai microfoni della Zanzara definì l'esponente azzurra «razzista, ignorante e nazista», prima che i conduttori del programma le facessero notare che ovviamente i barconi da «bombardare» erano quelli vuoti. Le fece eco Fiorella Mannoia, invitando la Santanché e Matteo Salvini ad andare «personalmente» e «fisicamente» a «sparare sui barconi». Senza mandare l'esercito, «troppo comodo».

Ma la galleria dei «no» agli affondamenti, ad aprile, s'è arricchita di molti nomi noti. Tra i quali quello di Laura Boldrini. La presidente della Camera si disse dubbiosa di fronte all'ipotesi del Viminale. «Per farlo - osservò l'esponente di Sel - serve l'autorizzazione del Paese in cui sono presenti, e a chi si chiede, in Libia, questa autorizzazione?». Anche il leader del suo partito, Nichi Vendola, criticò il dibattito sulla «possibilità di affondare i barconi», chiedendo «di affrontare il vero nemico», l'Isis. Contrari per Sel anche Luca Casarini («pura ipocrisia») e la deputata Celeste Costantino. Secondo quest'ultima, la soluzione del ministero dell'Interno ora approvata dall'Ue era «davvero inopportuna»: «Non si fa carico né del futuro dei profughi, condannandoli ulteriormente, né della cooperazione con Paesi divisi da guerre civili e tensioni politiche». Tra le voci contrarie, anche una interna all'esecutivo. Quella del ministro all'Ambiente Gian Luca Galletti, che tagliò corto: «Se affondassimo i barconi in acque internazionali violeremmo almeno tre Convenzioni, quella di Barcellona, quella di Londra e quella sulla rimozione dei relitti in mare. Sarebbe meglio rimorchiarli, portarli sottocosta e lì creare una filiera produttiva per uno smaltimento corretto e non inquinante dei barconi».

L'altro fronte ostile all'ipotesi era quello del Vaticano. «Se affondiamo i barconi, condanneremo a morte certa un milione di persone che restano sulla riva», tuonò il cardinale Francesco Montenegro, presidente Caritas. «Idea mostruosa, orrenda, inumana, bloccare persone disperate che fuggono dalla fame o falla guerra», ringhiò invece Margaret Archer, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, paragonando i blocchi a «un crimine di guerra». Stesse posizioni per il monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, per il quale «parole come affondare, distruggere, respingere, senza che siano accompagnate da parole come tutelare, salvare, accogliere, non hanno prospettiva», pur concedendo che il contrasto ai trafficanti fosse «importante».

Esattamente quello che, adesso, pensa anche la Ue.

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