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Il pm Greco salva il governo ma tiene sotto scacco Salvini

Il procuratore non ascolterà il vicepremier: «Indagine lunga». Spunta il terzo uomo: è un consulente bancario

Il pm Greco salva il governo ma tiene sotto scacco Salvini

T rent'anni di indagini sul Palazzo hanno insegnato a leggere con attenzione i segnali che arrivano dalla Procura di Milano, perché preannunciano l'impatto delle sue inchieste sulla vita politica del Paese. E così alle 12.30 di ieri è immediato l'effetto delle dichiarazioni che il procuratore Francesco Greco affida ai cronisti che chiedono notizie su «Mister Rublo», ovvero Gianluca Savoini, e sull'indagine sui rapporti (presunti) a base di petrolio tra governo russo e Lega Nord.

Greco, che ha appena finito un vertice con il suo vice Fabio De Pasquale, coordinatore delle indagini, dice due cose. La prima: «Non abbiamo alcun interesse a sentire Matteo Salvini». Per il vicepremier, il cui ruolo aleggia da sempre sulla vicenda a causa dei suoi rapporti (prima negati e poi ammessi) con Savoini, è un'inattesa ciambella: non di salvataggio, ma almeno di galleggiamento. L'impeachment del ministro dell'Interno, chiesto dalle opposizioni, non è all'ordine del giorno. Ma Greco aggiunge: «L'inchiesta sarà lunga e complessa». Della riunione all'hotel Metropol di Mosca, e dei traffici di greggio che vi adombravano Savoini e il suo amico Gianluca Meranda (anche lui indagato per corruzione), sentiremo dunque parlare ancora per un pezzo. D'altronde una rogatoria in Russia ha tempi lunghi, perché - spiega ancora il procuratore - «ha bisogno di essere tradotta». E tempi inevitabilmente lunghi hanno gli accertamenti bancari che sono già in corso in una serie di paesi esteri, alla ricerca dei movimenti di capitale. Morale: ancora qualche passaggio importante prima della fine del mese, tra cui potrebbe esserci l'interrogatorio di Meranda, l'avvocato che al Metropol dimostrava la conoscenza più approfondita del mercato petrolifero; poi tutto scivolerà verso settembre, in un'inchiesta che rischia di trasformare l'autunno della Lega in autunno caldo.

Che De Pasquale e i pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro stiano lavorando per mettere nuovi tasselli a posto non ci sono dubbi. Uno dei primi obiettivi è ricostruire la rete di rapporti che ruotava a Mosca intorno a Savoini. Perciò la Gdf è stata inviata ieri a farsi consegnare da una giornalista la foto che ritrae Savoini a Mosca il 17 ottobre, alla vigilia della serata al Metropol, in compagnia del filosofo Aleksandr Dugin, figlio di una spia del Kgb, teorico del ritorno della Grande Russia e soprattutto assai legato a Vladimir Putin. Cosa c'entra un filosofo mistico-nazionalista con le venali operazioni di «cresta» sulle forniture di petrolio di cui si parla nel nastro del Metropol (di cui, per inciso, ieri Greco ha rifiutato per l'ennesima volta di rivelare le modalità con cui la Procura è entrata in possesso)? Semplicemente, la Procura vuole capire bene quanto profonde fossero le entrature di Savoini nella Mosca del potere. Quanto più solide esse dovrebbero apparire, tanto più difficile sarebbe liquidare la trattativa come una millanteria o una velleità da faccendieri (come, peraltro, il livello di Savoini potrebbe far supporre). «Sono sereno», ha fatto sapere lui, dopo avere rifiutato di rispondere ai pm. «Parleremo quando avremo visto le carte», aggiunge il suo legale Lara Pellegrini. Intanto anche il terzo italiano del Metropol esce allo scoperto. «Francesco» è Francesco Vannucci, collaboratore di Meranda, che scrive all'Ansa: «Ho partecipato all'incontro in qualità di consulente esperto bancario. Non ci sono state situazioni diverse da quelle previste dalle normative che disciplinano i rapporti d'affari». E il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, dichiara: «Nessuno di noi ha mai dato sostegno finanziario ad alcun politico o partito politico in Italia».

E sulle indagini: «C'è una base giuridica per la cooperazione che può essere attivata in ogni momento su richiesta delle parti».

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