Politica

Unioni civili, più diritti senza guerre di religione

La politica deve dare risposte viaggiando alla velocità del Paese e dell'Occidente

di C redo che ogni persona di buon senso vorrebbe evitare di trasformare il tema assai importante delle unioni civili in una nuova «guerra di religione», come troppo spesso è accaduto nella nostra storia. Guerre risolte con sconfitte per tutti: sia per chi riteneva di difendere valori morali o religiosi, sia per chi credeva nella possibilità di un'illimitata espansione del campo dei diritti civili senza soppesarne le ricadute sociali ed economiche. Alla fine però la vera débacle è stata quella vissuta dal nostro Paese, bloccato da crociate antitetiche che ancora oggi rischiano di impedire un vero progresso della nostra società. Il mondo va avanti, sono cambiate del tutto le esigenze delle persone, senza contare che l'Italia è pienamente inserita in un contesto, quello europeo, molto avanzato dal punto di vista dei diritti civili. Forza Italia è un partito liberale, moderno, aperto al confronto. È questo il nostro Dna, e infatti dibattiamo di unioni civili da molti anni, come testimonia la proposta di legge Brunetta-Rotondi del 2008. Lo ricordo non solo ad onore dei due proponenti ma a beneficio di chiunque dovesse pensare che Forza Italia agisca dietro impulsi estemporanei o sull'onda dell'emotività mediatica.

La questione è ben presente a noi tutti, anche a chi, cattolica, come me, interroga la propria coscienza ma nella consapevolezza che il rispetto della vita e della libertà altrui viene prima di tutto. Se si guarda allo spettacolo offerto dalla maggioranza di governo, c'è da essere perplessi circa la reale volontà di trovare una soluzione equilibrata. Perché oltre l'ennesimo annuncio il governo non è mai andato. E come tacere della speculazione politica messa in atto dal Nuovo Centrodestra che si è accaparrato il ruolo di paladino unico e intemerato della famiglia quando nessuno ha mai pensato di metterla in discussione?

È avvilente, per chiunque sia in buona fede, assistere a una rissa scomposta tra chi s'inalbera in difesa della laicità dello Stato e chi invece si erge a campione della famiglia tradizionale, uno scontro insensato e infruttuoso che tiene in scacco il nostro Paese.

Io dico no a questa impasse. Lavoriamo con senso di responsabilità a una norma positiva ed equilibrata sulle unioni civili. Stiamo parlando di un ampliamento dei diritti della «persona umana», qualcosa che deve vederci uniti e fieri di dare il nostro positivo contributo. Parliamo di un rinnovamento che in alcun modo intacca l'istituto del matrimonio. Parliamo di un istituto di rango costituzionale, la famiglia, e di un istituto giuridico come le unioni civili: due piani reciprocamente estranei e destinati a non incontrarsi.

Come può essere calato nella realtà italiana l'istituto delle unioni civili? Prima di tutto intervenendo sulle norme del Codice civile per riconoscere ai contraenti dell'unione uguali diritti e doveri; uguali obblighi e diritti in materia di successione; uguali doveri e diritti in materia di mutua assistenza. Altra questione è quella della reversibilità della pensione. Si entra, in questo caso, in un'area sociale più ampia voluta dal legislatore, sulla base delle norme costituzionali sul matrimonio e la famiglia (art. 29-31) per la tutela di chi perde il coniuge e dei figli. Il tema è legittimo e richiede una riflessione. Da approfondire invece il tema della cosiddetta adozione da parte di un'unione civile fra persone dello stesso sesso. Ritengo, come già previsto dalla legislazione tedesca del 2003 e dai successivi aggiornamenti, che si possa intervenire sull'affidamento dei figli naturali avuti in precedenza da uno dei componenti dell'unione. E sottolineo «naturali», cioè figli nati dal rapporto fra un uomo e una donna, escludendo quindi figli nati dalla fecondazione eterologa per il cui affidamento a un'unione civile fra persone dello stesso sesso nutro forti perplessità.

Da cattolica praticante e da liberale, dico che pur riconoscendomi senza riserve e senza ipocrisie negli insegnamenti della Chiesa, penso tuttavia che la politica abbia il dovere di rivolgersi alla società, quindi a una comunità di persone multiforme per sensibilità, esperienze e credo religioso. Guardo avanti con fiducia e con la voglia di dare una scossa a questo Paese. Dobbiamo partire da una comune linea di responsabilità civile se vogliamo che il Parlamento sappia trovare la sintesi legislativa giusta ed equilibrata che l'Italia merita. La politica non può viaggiare a 30 all'ora. Non può nemmeno accelerare improvvisamente ai 300 all'ora, rischiando di andare a sbattere. Ma andare alla velocità del Paese e dell'Occidente, questo sì.

Questo è un dovere.

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