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Il pontefice ha fatto riferimento «a Roma e al Vaticano». E si infittisce il giallo della lettera

Lo scandalo dei Carmelitani scalzi a Roma, il coming out di Krzysztof Charamsa, il monsignore polacco funzionario del Vaticano sospeso dopo essersi dichiarato gay e aver annunciato di avere un compagno; gli abusi compiuti dall'ex nunzio a Santo Domingo, Jozef Wesolowski, accusato di pedofilia e pedopornografia, morto quest'estate prima che il processo entrasse nel vivo. Fino alle talpe e ai veleni di alcuni cardinali al Sinodo sulla famiglia, in corso in Vaticano, culminati con la diffusione di lettere riservate indirizzate al Papa. C'è tutto questo dietro al mea culpa di Papa Francesco, una richiesta di perdono ripetuta due volte, ieri mattina, alla tradizionale udienza del mercoledì in piazza San Pietro.

«Prima di iniziare la catechesi, in nome della Chiesa, voglio chiedervi perdono per gli scandali che ci sono stati recentemente sia a Roma che in Vaticano. Vi chiedo perdono», ha detto Bergoglio riprendendo il Vangelo del giorno. «Gesù disse: “Guai al mondo per gli scandali”! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo».

Le parole a sorpresa del Pontefice argentino hanno scosso anche i Sacri Palazzi. A cosa farà riferimento? La prima vicenda che viene in mente è lo scandalo che sta agitando i Carmelitani scalzi, nella chiesa di santa Teresa d'Avila in Corso d'Italia, a Roma: giro di prostituzioni, incontri hard a Villa Borghese, preti gay, veleni e rimozioni contestate. I fedeli hanno protestato prima con il vescovo di settore, poi con il cardinale Agostino Vallini; infine hanno preso carta e penna e hanno inviato una lettera al Papa. E il vescovo di Roma ha risposto senza mezzi termini.

Nella richiesta di perdono di Bergoglio, invece, non c'è nessun riferimento all'agitata stagione politica romana. Come ha chiarito padre Federico Lombardi: «Il Papa non parlava di politici o, specificatamente, delle vicende legate al sindaco uscente Ignazio Marino, o al sinodo in corso in Vaticano, ma semmai a questioni che si leggono sui mass media e che riguardano “uomini di Chiesa” e la “vita cittadina”». E in merito alla lettera dei cardinali «dissidenti», padre Lombardi ha esortato ad «andare avanti oltre alla questione della fatidica lettera che ha avuto ben più eco di quello che merita».

Tuttavia il giallo della missiva scritta da 13 cardinali continua a tenere banco. E anzi si infittisce. Il Tempo parla di altre due lettere: una firmata da 200 padri sinodali,con l'avvertenza di essere stata condivisa da oltre 800mila fedeli. E un'altra, fatta recapitare al Papa dal capo dei lefebvriani, Bernard Fellay. «Santità - scrive Luigi Bisignani sul quotidiano romano riportando la lettera - sono troppi quelli che dicono di parlare a nome suo e che si stanno battendo per lo stravolgimento della dottrina. Se davvero non è così, li smentisca pubblicamente, prima che sia troppo tardi».

Alcuni porporati cercano di smorzare i toni. Il cardinale Vincent Gerard Nichols ha affermato che la missiva «non ha avuto il minimo impatto sui lavori del Sinodo». E l'arcivescovo del Burkina Faso, Philippe Ouedraogo, ha confermato che non c'è «un blocco» nei lavori sinodali.

Ciliegina sulla torta, nel turbolento Sinodo, è finita un'altra tegola: le dichiarazioni piuttosto dure del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino: la teoria del gender e il fondamentalismo islamico sono «due bestie apocalittiche». «Ci troviamo in mezzo tra la teoria del gender e l'Isis. Da queste due radicalizzazione nascono le maggiori minacce alla famiglia.

Quello che il nazismo, fascismo e comunismo sono stati nel ventesimo secolo - ha concluso - sono oggi le ideologie occidentali sulla omosessualità e l'aborto e il fanatismo islamico».

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