Economia

Popolari al test della vendita: il rischio è perdere un miliardo

Il termine per le offerte scade oggi: ma c'è solo quella del fondo Apollo. E sarebbe inferiore agli 1,6 miliardi attesi

Popolari al test della vendita: il rischio è perdere un miliardo

Le nuove Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara sono le banche sopravvissute alla liquidazione delle sofferenze dei «vecchi» istituti salvati alla fine di novembre. Ma la sfida vera adesso è vendere le quattro cosiddette good bank, non svenderle. Altrimenti le big del credito - in primis Intesa, Unicredit e Ubi - dovranno tirare fuori dal portafoglio un altro obolo che potrebbe superare il miliardo. E il rischio è alto. Perché il termine per la presentazione delle offerte vincolanti scade alla 18 di oggi (una comunicazione ufficiale è però attesa fra domani e sabato) ma al momento a farsi avanti sarebbe stato solo il fondo Usa Apollo mentre gli altri due operatori di private equity rimasti in corsa, Apax Partners e Lone Star, non avrebbero ancora preso una decisione definitiva.

Più che il numero dei pretendenti, a preoccupare è il prezzo. Quanto gli americani abbiano messo sul tavolo della Banca d'Italia e di Roberto Nicastro (presidente dei quattro istituti) è top secret. Ma la proposta, secondo indiscrezioni non arriverebbe al mezzo miliardo. Di certo è lontano dagli 1,6 miliardi prestati a suo tempo da Intesa, UniCredit e Ubi. A concorrere al rimborso ci saranno anche gli importi incassati dalla Rev (la spa costituita a dicembre per ricevere in carico e valorizzare i crediti deteriorati delle quattro banche) ma alle banche sane verrà chiesto di saldare il conto, attraverso il Fondo interbancario di tutela dei depositi, iscrivendo a bilancio una perdita in caso di vendita a un valore inferiore a quello individuato a fine aprile.

Eppure il boccone è ghiotto: i quattro istituti tutti insieme rappresentano il settimo polo creditizio nazionale per numero di sportelli e l'undicesimo per depositi. Così come va ricordato che le good bank non hanno avuto vita facile fin dall'inizio: dal punto di vista patrimoniale, la squadra di Nicastro ha dovuto rifare i calcoli sulle sofferenze e sulla loro valutazione rispetto a quelli annunciati a novembre. Gli 8,5 miliardi di sofferenze valutate al 17,5% sono diventati qualche mese dopo 9,5 miliardi valutati al 22,5 per cento. Senza dimenticare i due pesi e le due misure usati dalla Commissione Ue che alle 4 italiane ha imposto la cessione in tempi rapidissimi (30 aprile) per poi concedere fortunatamente una proroga a fine settembre. Alla tedesca Hsh Nordbank, finita nei guai qualche giorno prima del via libera alla nuove regole sul bail in (le nostre banche, dopo), ha invece dato tempo fino a febbraio 2018.

Sul prezzo di riferimento per le prossime cessioni delle sofferenze bancarie, ieri sono intanto arrivate novità dal fronte della Popolare dell'Emilia Romagna che ha ceduto un portafoglio di circa 450 milioni di euro di crediti deteriorati «abbondantemente sopra il 20%», ha detto l'ad Alessandro Vandelli. Il tema è assai caro al Monte dei Paschi che deve rispondere alle richieste della Bce sull'entità di sofferenze da smaltire grazie all'intervento del fondo Atlante. Più è basso il prezzo di cessione di questo fardello e più si alza l'asticella dell'aumento di capitale che la banca senese dovrà varare. Per «farsi bella» in vista di un possibile cavaliere bianco da conquistare una volta ripulita.

Il tutto, mentre si avvicinano gli stress test, la cui diffusione è prevista nella tarda serata di venerdì 29 luglio e che il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, definisce «astrusi nel metodo e nel merito».

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