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"Toghe, Salvini, migranti e Pd: vi racconto tutto…"

L'ex ministro socialista Claudio Martelli ripercorre i suoi esordi politici e spiega perché il Pd, in materia di immigrazione, sbagli a proporre lo ius soli

"Toghe, Salvini, migranti e Pd: vi racconto tutto…"

Magistratura, immigrazione ed errori del Pd. L'ex ministro socialista Claudio Martelli si racconta in questa lunga intervista in cui ci offre una lucida analisi dell'attuale situazione politica.

Quando e perché ha iniziato a far politica e perché aderì al Psi?

“Mi ricordo che a 13 anni, nell'ottobre del 1956, mentre ascoltavo insieme alla mia famiglia le notizie dell'invasione sovietica a Budapest, mio fratello maggiore, giovane repubblicano, si mise a piangere. Sentire che la rivolta di un piccolo Paese veniva schiacciata dai carri armati coinvolse emotivamente anche me. Due anni dopo, ebbi difficoltà col latino e un amico di mio fratello, il professor Tramarollo, mi diede ripetizione e mi invitò anche a partecipare a un concorso dell'associazione mazziniana italiana di cui era presidente e io lo vinsi. Negli anni '60 mi appassionai all'unificazione socialista come del resto La Malfa che aveva detto:' Se i socialisti dessero vita a un new deal di tipo americano dovremmo partecipare anche noi, l'Italia ha bisogno di una sinistra democratica'. Quelle parole mi si sono stampate nell'animo e nella testa e da allora ho sempre studiato e lottato per creare anche in Italia una sinistra liberale e democratica capace di sfidare quella sinistra comunista”.

Com'è nata la sua amicizia con Bettino Craxi?

“Avevo 19 anni quando De Pennino, capo dei repubblicani milanesi, mi chiese di aiutarlo nella campagna elettorale e mi fece conoscere Craxi che di anni ne aveva 29. Era alto, grosso fumava di continuo. Mi chiese di me e dei miei studi con un’aria di superiorità che divenne sarcasmo di fronte ai miei giudizi politici e lui, mentre commentavamo i risultati elettorali, notando che mi stavo distraendo, si spazientì: ' hai letto troppo Cesare Pavese e troppo poco Gian Burrasca'. A 21 anni gli chiesi di celebrare il mio matrimonio, ma poi dal '64 al '67 non lo vidi più. Quando, insieme ad altri repubblicani e ai giovani amendoliani della destra comunista, aderimmo al Psi e conobbi meglio Craxi, giovane segretario della federazione di Milano, è iniziata la nostra amicizia e da lui ho imparato a fare politica. Bettino mi ha fatto una cura di 'pragmatismo' ma anche di storia reale vera e concreta. Voleva che 'i suoi quadri' si formassero anche nell'esperienza amministrativa però rimase molto colpito quando fui eletto vicepresidente della gioventù socialista mondiale. Una volta diventato segretario di partito, mi chiese di raggiungerlo a Roma e così inizia la mia esperienza politica nazionale”

Lei è stato il primo a scrivere una legge sull'immigrazione. Perché Dal 1991 ad oggi l'Italia non è ancora riuscita a governare questa emergenza?

“Con la mia legge poteva entrare in Italia solo chi aveva un lavoro e un alloggio e, quindi, decidevamo noi chi poteva entrare e chi no. Fu approvata con il 92% di voti a favore perché si capiva che era una legge severa, ma giusta che conteneva anche i respingimenti. Nel 1991, dopo lo sbarco di 24mila albanesi, sono andato in Puglia, li ho fatti censire uno per uno dalla commissione ministeriale e ne ho rimpatriati 20.000 accogliendo solo quelli che avevano diritto all’asilo. Nella mia legge, a differenza della Bossi-Fini, le espulsioni erano una materia amministrativa. Era la polizia che fermava subito lo straniero alla frontiera e lo rimandava nell'ultimo Paese da cui era arrivato accompagnandolo alla frontiera. Finché è stata in vigore, gli immigrati sono aumentati di 45mila unità per dieci anni, mentre nei successivi dieci anni ne sono entrati 3 milioni. Siccome i flussi venivano programmati d'accordo con le Regioni, è stata preferita un'immigrazione dall'Est Europa, dal Sudamerica e dalle Filippine, mentre è stata contenuta quella proveniente dai Paesi del Maghreb perché l'integrazione era più difficile. Nel governo Andreotti, ho creato il ministero dell'Immigrazione, l'ho affidato a Margherita Boniver e, insieme a lei, abbiamo fatto anche la legge sulla cittadinanza”.

La sinistra ha sempre avuto difficoltà a coniugare integrazione e accoglienze e, oggi, il Pd vorrebbe approvare lo ius soli. Lei cosa ne pensa?

“Sono molto critico nei confronti del Pd, dire: 'porti aperti' e non occuparsi di chi entra non è una politica seria. All'inizio Renzi e Alfano hanno fatto i furbi: facevano entrare tutti e, poi, li spingevano fino ai valichi di frontiera di Francia, Svizzera e Austria. Alla fine, francesi, svizzeri e austriaci hanno capito che gli italiani facevano gli umanitari a loro spese, si sono rotti e hanno chiuso le frontiere. Una delle cose più ridicole della sinistra più vecchia era la contrarietà a Schengen. “L'Europa deve essere aperta e accogliente, non una fortezza chiusa” e poi sono diventati i più strenui difensori di Schengen perché hanno capito che, per avere la libera circolazione in Europa, devi regolamentare gli ingressi dagli altri Paesi. Se possibile si devono scegliere quali immigrati accogliere anche con canali umanitari e, per questo, sono andato a fare negoziati e trattati in Tunisia e Marocco. Dicevo: 'Quanti concittadini volete che accogliamo? 20-25mila si può fare, gli altri però dovete fermarli voi: in mare aperto sarebbe un assassinio'. Invece è stata la sinistra a cambiare posizione. Io ancora mi ricordo Napolitano che diceva: 'Fermo contrasto all'immigrazione clandestina'. Poi se lo sono dimenticati e, quando Minniti ha riprovato a governare il fenomeno, lo hanno preso a sassate. Così la Lega è passata dal 4 al 17%. Ora, l'ultima trovata è quella dello ius soli proposto da Letta che, forse, non sa che lo ius soli c'è già dal 1990 con la Legge Martelli dove c'è scritto che, per ottenerlo, servono 10 anni di residenza nel nostro Paese. Loro chiamano ius soli un qualcosa che con lo ius soli non c'entra niente. Quello che intendono approvare loro è la cittadinanza per diritto di nascita che esiste solo negli Usa, che era un Paese di immigrazione, e serviva per distinguere gli immigrati che erano nati e già presenti in America da quelli che arrivavano. I primi avevano il diritto di voto, i secondi no. Era una legge che serviva anche per garantire il diritto di voto agli afroamericani, ma quelli del Pd, come Salvini e la Meloni, queste cose non le sanno perché non studiano e pensano di sapere già tutto. Non dovrebbero chiamare ius soli una cosa che c'è già intendendo tutt’altro: così si genera solo confusione”.

Vedo che è molto critico nei confronti del Pd...

“Ho sperato che il Pd diventasse quel partito di sinistra democratica cui ambivo da giovane. Il Pd non è un'esperienza di grande successo. Per fare una cosa nuova bisogna partire con cambiamenti sostanziali. La novità non può consistere nel battezzare con un nome nuovo due cose vecchie che si uniscono. Una cosa nuova sarebbe stato un partito nuovo che avesse una visione del mondo, dell'Italia, della società, insomma una cultura diversa, più moderna e aggiornata interprete delle classi medie e popolari. E, invece, come dicono loro stessi, è stata una fusione a freddo tra la sinistra democristiana e il grosso del Partito Comunista. Letta evoca Prodi e la carovana dell'Ulivo ma allora sfioravano il 50% ora arrivano appena al 20%. Per non dire che, anche mettendo insieme tutte le tribù, da Mastella a Bertinotti, Prodi ha vinto di un soffio ma entrambe le volte è durato solo due anni”.

Lei rimpiange la Prima Repubblica?

“Non sono un uomo da rimpianti. Mi piace vivere il presente e cercare il futuro del mio paese. Allora ero molto critico dei difetti della Prima Repubblica. Se però parliamo della qualità del personale politico, è ovvio che c'è un abisso perché all'epoca c'era formazione politica, economica, culturale e sì, anche ideologica non priva di pesantezza. La prima repubblica ha guidato l’Italia attraverso una lunga crescita e enormi contraddizioni basti pensare al terrorismo e alla mafia, ma siamo riusciti a vincere entrambe e credo di avere qualche merito anch'io in queste vittorie”.

Lei, da Guardasigilli, ha vissuto la stagione delle stragi. Cos'ha provato vedendo la scarcerazione di Giovanni Brusca?

“A caldo ho reagito malissimo, è stato un pugno nello stomaco. Questo non vuol dire che sono contrario alla legge sui pentiti che, tra l'altro, ho fatto io. Che, poi, sono collaboratori di giustizia, di pentiti al massimo ce n’è il 5-10% . Tutti gli altri hanno fatto i loro conti: da soli rischiavano di essere fatti fuori dalla mafia, mentre se passavano con lo Stato potevano ottenere qualche beneficio e qualche sconto di pena. Falcone mi ha insegnato che, con i collaboratori, non bisogna instaurare dei rapporti personali, intimistici, d'amicizia e di scambio. Bisogna valutare le loro informazioni e verificarle. Invece, nel passato, questi collaboratori sono diventati dei jukebox e bastava che un pm inserisse la monetina e questi parlavano. Questa non è collaborazione, è manipolazione del diritto e della giustizia. Ora io non so quale sia stata l'entità dell'aiuto di Brusca, ma a occhio vedo una sproporzione tra i delitti che ha commesso - 150 omicidi, varie stragi e l'assassinio di un bambino sciolto nell'acido - e la pena che gli è stata inflitta. Avrebbe dovuto meritare 7-8-10 ergastoli o 40 anni. Mi sembra un po' poco 25 anni. Cosa ci ha rivelato? Il terzo segreto di Fatima? Ho dei seri dubbi”.

Cosa pensa del governo Draghi?

"Draghi è un uomo della Prima Repubblica e, non a caso, è il migliore in pista. Del suo governo penso bene, anche se qualche ministro non è adeguato – in particolare un paio di fifoni e di opportunisti. Craxi, diceva un governo è buono se i ministri sono buoni. C'è chi sta facendo benissimo come il mio amico Brunetta e chi fa meno bene”.

Da Tangentoli si è passato al sistema Palamara. Com'è possibile che la giustizia sia entrata così in crisi?

“Perché si è lasciato che si sviluppasse come una metastasi il cancro che c'è dentro la magistratura? Parlo dell'Associazione nazionale magistrati, così definita da un magistrato come Cantone e in termini non dissimili da Nordio, da Di Matteo e tanti altri. Ora fanno tutti a gara, tutti indignati e arrabbiatissimi col correntismo, ma questa è ipocrisia! Dove vivono e prosperano le correnti? E’ nell'Anm che si riuniscono, complottano e si spartiscono gli incarichi. È l’Anm che sequestra il Csm, eleggendo i 2/3 dei membri ha in pugno la maggioranza, fa e disfa, concede e nega come vuole promozioni, carriere, trasferimenti, incarichi esterni. È anticostituzionale che un'associazione privata come l'Anm si impadronisca delle elezioni e delle nomine e mi stupisco che Mattarella che stimo assai sia così muto di fronte a uno scandalo di tali proporzioni”.

Cosa pensa dei leader del centrodestra?

“La scena è occupata da Salvini e Meloni. Il primo è diventato più sobrio, ma anche molto furbetto e opportunista e non è detto che gli giovi. La Meloni più formata e più coerente è l’unica opposizione e se ne avvale sottraendo voti a Salvini. Se, però, guardiamo cosa è successo dal 2018 a oggi, vediamo che Lega, FdI e M5S insieme raccolgono ancora più di metà dell’elettorato, solo che milioni di voti 5 Stelle sono passati prima alla Lega poi dalla Lega quasi altrettanti sono passati a FdI. Sono vasi comunicanti, voti di un'area vasta che c'è nel Paese in parte legalitaria e conservatrice, in parte populista e nazionalista, qualunquista ed estremista. Questa seconda parte richiama i fenomeni Brexit e Trump, Le Pen e Melenchon, Podemos, Ciudadanos e Vox in Spagna. Successi precari destinati, prima o poi, a svuotarsi o a riversarsi in altri contenitori. All’origine di questa transumanza c’è stata la crisi della sinistra storica, del comunismo ma anche del socialismo. Salvini sa bene che una parte dei suoi elettori viene dal Pci, come Berlusconi sapeva bene che una parte importante dei suoi voti era socialista. Il Psi - come la Dc, il Psdi, il Pli, il Pri - è stato distrutto da Mani Pulite. Il Pci invece ha scelto di suicidarsi.

Rimuovendo la sua storia antisistema ha perso il suo retroterra sociale ed è diventato una piccola ditta per una piccola Dc".

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