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Precipita l'inflazione ma si ferma anche il Pil

A fine ottobre l'indice dei prezzi è crollato a +1,8%. E dopo 10 trimestri consecutivi produzione al palo

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Per gli italiani (e per il governo) ieri sono arrivati un po' di dati economici. Ma in sostanza c'erano una notizia buona e una cattiva. Partiamo dai numeri: l'inflazione - il flagello economico che colpisce il portafoglio di tutti da oltre un anno e mezzo - come anticipato dal Giornale di ieri, è crollata. Il dato mensile di ottobre calcolato dall'Istat è stato pari a un aumento dei prezzi tendenziale (cioè riferito all'ottobre dell'anno scorso) dell'1,8%. Un mese fa lo stesso dato era pari al 5,3%: si è quindi verificato un rallentamento record di 350 punti, dovuto principalmente al periodo di riferimento, visto che fu proprio nell'ottobre del 2022 che iniziò la corsa dell'inflazione. Una frenata anche maggiore di quanto atteso (2,2-2,4%) a causa di una variazione congiunturale (cioè riferita al mese scorso) pari a -0,1% contro le attese di +0,5%. La differenza è dovuta ai prezzi dell'energia e al calo di quelli dei servizi turistici al termine della stagione estiva.

In ogni caso questo significa che il «rientro» verso condizioni normali si sta rapidamente consolidando. Già così l'inflazione acquisita per il 2023 scende al 5,7% ed non è inverosimile che chiuda effettivamente sotto la soglia del 6%, contro l'8,1% dell'anno scorso. Mentre in proiezione 2024 le stime variano tra il 2 e il 3 per cento: dipenderà soprattutto - come sottolinea Confcommercio - dagli effetti ancora incerti della guerra in Israele e, naturalmente, dall'assenza di nuovi e imprevedibili choc globali di qualsiasi natura.

E poi c'è il Pil: ieri Istat ha certificato che il terzo trimestre ha chiuso a zero: fermo. E per la prima volta la dinamica tendenziale postiva che durava da 10 trimestri consecutivi si è arrestata. Il dato non era scontato ma molti si aspettavano un segno più che non invece non è arrivato. A queste condizioni la crescita acquisita per il 2023 è dello 0,7%, inferiore allo 0,8% ipotizzato dal governo nella Nadef.

Ecco allora che le notizie sono due. Quella brutta è che l'aumento dei tassi d'interesse operato dalla Bce sta sì frenando l'inflazione, ma con questa si ferma l'intera economia. Si pesni che, a questo punto, per centrare l'obiettivo di crescita dello 0,8% nell'ultimo trimestre il Pil dovrebbe crescere dello 0,4%: molto difficile.

A fronte di tutto c'è però anche la notizia buona: il rientro dell'inflazione più rapido del previsto, attraverso l'effetto sul potere d'acquisto dei redditi, potrebbe riflettersi sui consumi più positivamente di quanto fin qui ipotizzato. E in questa chiave la politica economica del governo di centro destra, basata prima di tutto sul sostegno dei redditi medio bassi con il taglio del cuneo e di un'aliquota Irpef, risulta azzeccata. Facendo immaginare un 2024 migliore delle prospettive.

E che l'Italia non sia messa poi così male lo hanno mostrato ieri anche i dati usciti per l'eurozona.

Dove l'inflazione tendenziale è più alta della nostra al 2,9%, mentre il Pil del trimestre è stato negativo per lo 0,1 per cento.

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