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Il premier fa il bullo con l'Ue ma teme infrazioni in arrivo

Braccio di ferro su migranti e flessibilità: «Aprano pure procedure contro l'Italia». La Commissione rinvia ogni decisione e lo gela: «La quota per la Turchia già esclusa dal deficit a dicembre»

I rapporti fra Renzi e la Commissione europea somigliano sempre più a quelli di una coppia che sta divorziando. Tipo «guerra dei Roses». Bruxelles accusa il premier di essere - nel migliore dei casi - uno smemorato. E Renzi la sfida ad avviare una procedura sui migranti contro l'Italia. A Berlino, al termine dell'incontro con la Merkel, Renzi aveva detto che l'Italia era disposta a pagare 281 milioni a favore della Turchia, ma a condizione che queste risorse fossero escluse dal calcolo del deficit.Ieri un portavoce della Commissione ha precisato che il costo del finanziamento europeo alla Turchia per frenare il flusso migratorio non verrà conteggiato ai fini del rispetto del patto di Stabilità. E che questa regola è stata stabilita già in dicembre. Vale a dire, un mese prima delle richieste di Renzi. Tutto questo confermato in serata da una lettera di Junker al premier italiano. Con un pizzico di malizia, poi, la Commissione ha ricordato che la decisione dell'esclusione delle spese per la Turchia dai conti pubblici è stata presa «a 28»; cioè, da tutti gli Stati membri, Italia compresa. Quindi, il premier «non poteva non sapere». Anche perché sarebbe davvero singolare che né la rappresentanza a Bruxelles, né il servizio diplomatico di Palazzo Chigi abbia tenuto nascosto un particolare del genere. Ma non è finita. Sempre Bruxelles precisa che l'esclusione delle spese per Ankara non apre automaticamente la porta all'esclusione di tutte le spese a favore degli immigrati. Al contrario. Quelle che potranno essere depurate dal deficit verranno valutate esclusivamente «ex post» per ogni Stato. E non è detto che quelle sostenute dall'Italia possano essere depurate dal deficit. Il giudizio sui conti pubblici nazionali e la valutazione sull'utilizzo dei margini di flessibilità sul deficit verrà presa «in primavera». E a quel punto la Commissione valuterà tutti gli elementi di flessibilità contenuti nella legge di Stabilità. I segnali che arrivano dall'euroburocrazia non sono tra i migliori. Gli uffici di Juncker, nei giorni scorsi, hanno ricordato che l'Italia non rispetta la regola della riduzione del debito, come previsto dal fiscal compact e nemmeno quella del taglio dello 0,5% del deficit strutturale; anche perché quest'anno il deficit aumenta. Insomma, aria di procedura. Che Renzi ieri ha provato ad annacquare. Al rischio di una procedura per i conti pubblici, il premier ha aggiunto quella già avviata sui migranti. «Se poi vogliono aprire una procedura contro l'Italia, facciano pure: noi andiamo avanti a salvare vite umane». Renzi sembra voler depotenziare il rischio di una bocciatura sui conti pubblici, sovrapponendo il caso dei migranti ai quali non sono state prese le impronte digitali. Tra l'altro, per le barocche regole europee, se un Paese entra in procedura d'infrazione per deficit eccessivo (previsto dal patto di Stabilità) non è tenuto a rispettare il fiscal compact. Insomma, se il deficit va oltre il 3% o non scende con la velocità stabilita (0,5% all'anno), la Commissione può chiedere al Consiglio europeo di avviare una procedura d'infrazione. Se approvata, questa congela l'applicazione del fiscal compact. Vale a dire, la riduzione di un ventesimo all'anno del debito eccedente il 60% del Pil. Questa riduzione si misura con l'avanzo primario (saldo fra entrate e uscite al netto della spesa per interessi).

E il nostro avanzo primario è un terzo di quello previsto.

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