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Il premier ha perso l'agenda del Paese

Il governo potrebbe non avere vita lunga. All'orizzonte non c'è nulla nulla che possa servire davvero al Paese, alle imprese e alle famiglie. E se ne sono accorti anche i poteri forti che lo hanno abbandonato

Il premier ha perso l'agenda del Paese

Non è una notizia, e neppure una certezza. Ma con il passare dei giorni diventa una possibilità fino a pochi mesi fa neppure immaginabile. Matteo Renzi e il suo governo potrebbero non essere eterni e neppure arrivare a termine, inteso come legislatura. Gira brutta aria per il rottamatore, tanto che ieri non ha festeggiato al solito modo l'approvazione definitiva della riforma della scuola, in realtà una scatola vuota che scontenta tutti e si fonda sull'ennesima balla: le centomila assunzioni sbandierate non sono nuovi posti di lavoro ma la regolarizzazione di contratti in corso. Briciole, come gli 80 euro, come la riforma dimezzata della legge elettorale, come quella impantanata del Senato, come tutte quelle annunciate nella famosa road map (ricordate? Entro aprile questo, entro maggio quello, entro giugno quest'altro, eccetera eccetera), come i debiti dello Stato mai saldati con i cittadini (stiamo ancora aspettando il suo promesso pellegrinaggio in caso di scommessa persa).

Ma non è questo il problema centrale. È che non c'è all'orizzonte nulla che possa servire davvero al Paese, alle imprese e alle famiglie. Pure sull'attesa riforma del lavoro Renzi è partito da leone e ha chiuso da coniglio. Si sente il fiatone di chi al via si è lanciato a manetta e ora, alla prima salita, non ne ha più. I ministri sono inesistenti e pure smarriti, la magistratura ha ripreso in mano l'agenda del Paese perché, dopo aver subito qualche minaccia verbale, ha capito che il premier abbaia ma non morde. Fuori dai confini, dove si decidono le cose, Renzi conta come il due di picche quando briscola è fiori: un disastro sull'emergenza immigrati, una umiliazione sulla crisi greca.

In compenso, per salvarsi, sta cercando di mettere le mani dove ci sono potere e soldi (Rai, Cassa depositi e prestiti). E questo la gente lo capisce e non lo perdona. Nei sondaggi il gradimento suo, del governo e del partito, cala di settimana in settimana. Se ne sono accorti i poteri forti che lo avevano sostenuto al suo apparire. Sponsor storici (vedi Della Valle e Confindustria) lo hanno abbandonato, la sua opposizione interna lo aspetta al varco per regolare i conti. Lui spera, a proposito di compravendita di parlamentari, nell'aiuto di transfughi da altri partiti promettendo in cambio mari e monti. Una manciata di voti per tirare a campare. Fino a quando? Le scommesse sono aperte. Perché se le elezioni anticipate non sembrano una strada percorribile, un cambio in corsa del manovratore è già all'ordine del giorno della politica.

E non solo di quella.

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