Politica

Il premier rischia l'effetto boomerang

Il referendum costituzionale è un tema che nel merito non appassiona molto e tenere troppo alta l'attenzione sul punto potrebbe alla fine essere controproducente

Il premier rischia l'effetto boomerang

Il refrain è stato lungamente studiato a Palazzo Chigi. E alla fine, complici anche i consigli del guru americano della comunicazione Jim Messina, Matteo Renzi si è deciso a concentrare la campagna referendaria su pochissimi punti qualificanti. Uno in particolare: se vince il Sì avremo la fine del bicameralismo perfetto e quindi una legislazione decisamente più snella e celere. Insomma, un messaggio semplice e comprensibile a tutto l'elettorato, tanto che martedì sera - ospite del talk show Politics - il premier è tornato sul concetto diverse volte, anche quando la domanda dei suoi interlocutori era su questioni diverse dal referendum.

A meno di due mesi dal 4 dicembre - giorno in cui gli italiani saranno chiamati a votare sulle riforme approvate con il ddl Boschi - il leader del Pd è dunque già in piena campagna elettorale. La macchina della comunicazione renziana, infatti, viaggia a pieno regime e il presidente del Consiglio non perde occasione per intervenire in pubblico, che sia l'aula della Camera, una conferenza stampa o un'apparizione televisiva (quella di Raitre è solo l'ultima di una lunga serie destinata a non fermarsi qui).

Gli effetti dell'accelerazione imposta da Renzi nelle ultime settimane iniziano a farsi sentire, tanto che a largo del Nazareno sarebbe arrivato proprio ieri un sondaggio Swg piuttosto confortante: con i sostenitori del Sì in leggera risalita e, soprattutto, con un focus sul segmento degli indecisi che lascia grandi margini alle aspettative di Renzi, visto che almeno un 40% di chi ancora non ha deciso sarebbe pronto a convergere sul Sì. Nel breve periodo, insomma, la strategia comunicativa di Palazzo Chigi sembra pagare. Il dubbio, però, è che la cavalcata del premier sia iniziata con troppo anticipo. Il referendum costituzionale è un tema che nel merito non appassiona molto e tenere troppo alta l'attenzione sul punto potrebbe alla fine essere controproducente. Soprattutto se, come è probabile, alla fine il voto si trasformerà in un plebiscito pro o contro Renzi.

Il rischio è che ci sia un effetto «saturazione» che potrebbe spingere nuovamente verso l'astensione o il No quel pezzo di elettorato che il premier è riuscito a conquistare negli ultimi mesi.

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