Economia

Pressione fiscale ai massimi. E la flat tax non si può fare

L'Istat certifica tasse record nel primo trimestre 2019 Corte dei Conti scettica: «Senza coperture niente tagli»

Pressione fiscale ai massimi. E la flat tax non si può fare

Italiani stangati dal fisco, ma la flat tax potrebbe restare un miraggio. Non solo perché la Commissione Ue tiene il Paese in scacco, ma anche perché senza coperture rischia di rivelarsi un boomerang. È quanto emerge dal combinato disposto del conto trimestrale della Pa dell'Istat e dal giudizio sul rendiconto generale dello Stato della Corte dei Conti.

La pressione fiscale nel primo trimestre dell'anno, ha rivelato l'istituto di statistica, si è attestata al 38% del Pil, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2018: è il dato più elevato dal primo trimestre 2015. Il saldo primario (la differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica al netto degli interessi sul debito) è invece sceso al -1,3% dallo 0,9 dello stesso periodo dell'anno scorso. Anche in questo caso è stato stabilito il record negativo degli ultimi tre anni. Colpa della spesa pubblica che è salita al 46,4% del Pil (46,1% nei tre mesi a marzo 2018). Nonostante tutto, il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,9% rispetto a fine 2018, mentre i consumi sono cresciuti in termini nominali dello 0,2 per cento. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all'8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto ai tre mesi a dicembre dell'anno scorso. Un chiaro segnale di incertezza rispetto al futuro che spinge i consumatori a evitare acquisti e a mettere da parte il denaro. «Ecco la certificazione che questo governo a trazione Cinque stelle sta facendo male al Paese: è il contrario di quanto garantito dal programma di centrodestra, firmato anche dalla Lega», ha commentato il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

Un tema che preoccupa anche la Corte dei Conti. «Nel nostro Paese al problema della sostenibilità e del rientro del debito si affianca quello della sostenibilità della pressione fiscale», ha spiegato il procuratore generale, Alberto Avoli, rilevando che «mettere mano dunque al riassetto delle tasse e dei tributi può considerarsi una priorità da portare avanti attraverso ponderate ed equilibrate strategie di lungo respiro». La flat tax è la giusta soluzione al problema? «In mancanza di coperture il corrispondente aumento del debito potrebbe avere ripercussioni gravi, tali da annullare o ridurre molto i benefici della rimodulazione delle aliquote», ha evidenziato Avoli specificando che «nella gradualità degli interventi potrebbe forse trovarsi un equilibrio».

Il sottosegretario all'Economia, Massimo Bitonci, resta tuttavia convinto della bontà della soluzione leghista. «La flat tax funziona per i professionisti, funzionerà per le imprese e le famiglie ed è compatibile con l'equilibrio dei conti pubblici e le richieste di Bruxelles, a patto che gli investimenti vengano scomputati dal rapporto deficit-Pil», ha dichiarato in un'intervista a Economy ribadendo la necessità di «uno shock fiscale alla Reagan». Ma come? Bitonci non lo ha precisato ma ha elencato i risultati ottenuti: aumento del gettito Iva, buoni dati dalla lotta all'evasione anche grazie alla fatturazione elettronica e successo della pace fiscale a cui aggiungere il capitolo sulle cassette di sicurezza. Insomma, il deficit non sembra essere un problema.

Proprio il tema su cui la Commissione Ue vorrebbe multare l'Italia. Secondo quanto trapela da Bruxelles, il commissario agli Affari economici chiederà al governo italiano di adottare impegni precisi per il 2020, oltre all'assestamento di bilancio per l'anno in corso. Sui conti del 2019, le cifre fornite dall'Italia non sono considerate sufficienti: si vorrebbe certezza sul recupero di 8 miliardi e all'appello ne mancherebbero un paio (i risparmi su quota 100 e reddito non si possono quantificare ora). Le stime Ue per il 2020 prevedono per l'Italia un deficit/Pil al 3,5% e il debito/Pil al 135% senza disinnesco certificato delle clausole di salvaguardia.

«È un grosso problema», dicono a Bruxelles dove si chiede una manovra monstre da 20-30 miliardi.

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