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La pressione fiscale non cala e la flat tax quasi non si vede

«Tassa piatta» solo per partite Iva e Pmi sotto i 65mila euro all'anno. Gli economisti: Di Maio batte Salvini 10-4

La pressione fiscale non cala e la flat tax quasi non si vede

Il 2019 non sarà ricordato come l'anno delle tasse che calano. Il testo della manovra varata dal governo lunedì notte non è ancora noto, ma dalle tavole allegate al Documento programmatico di bilancio emergono alcune certezze. Ad esempio che la pressione fiscale non calerà di un euro. Il saldo tra le maggiori entrate (la stangata su assicurazioni, banche e il resto) e le imposte tagliate (Iva e flat tax) sarà a somma zero per famiglie e imprese.

Vero che a legislazione vigente la pressione sarebbe aumentata di quesi mezzo punto fino al 42,2%. Effetto degli aumenti dell'Iva programmati per il 2019 che il governo ha sterilizzato. Ma al netto dell'Iva non resta altro. La pressione fiscale quest'anno si attesterà al 41,8% del Pil e resterà lì.

Le entrate extra che arriveranno da banche e assicurazioni, circa 4 miliardi, sono circa il doppio rispetto alla principale misura fiscale della legge di Bilancio, cioè la flat tax al 15% per le partite Iva, che impegnerà quest'anno 600 milioni, che diventano 1,7 miliardi all'anno in media nel triennio.

Insomma, non è proprio una manovra targata Lega. Per le imprese il saldo è negativo. La legge di Bilancio 2019 sottrarrà alle aziende oltre due miliardi contro quasi 600 (per la precisione 546) della flat tax per partite Iva e Pmi fino a 65mila euro. Il segno meno per le imprese è dato dall'abolizione dell'Iri, l'imposta sul reddito imprenditoriale. La nuova Ires al 15% sugli utili reinvestiti sostituisce l'Ace, aiuto alla crescita economica varato dal governo Letta. Serviva a rafforzare la patrimonializzazione delle aziende italiane, un modo per superare le difficoltà ad ottenere credito.

In sostanza la parte in deficit della manovra, escludendo la sterilizzazione degli aumenti Iva, serve a finanziare le misure più assistenziali. In particolare il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5s e punto fermo attorno al quale il vicepremier Luigi di Maio ha costruito la sua offensiva di autunno e la «rivincita» sul collega leghista Matteo Salvini che per tutta l'estate ha incassato consensi grazie alla politica delle frontiere chiuse.

Il bilancio complessivo della manovra non è favorevole a Salvini. Secondo i conti fatti dall'economista Riccardo Puglisi, il leader pentastellato ha battuto quello leghista 10 (miliardi) a 4. Nel dettaglio, «6,75 miliardi per il reddito di cittadinanza nel 2019, contro 600 milioni per la flat tax». Lo stop alla riforma Fornero con quota 100 vale 6,76 miliardi. Ma questa, ironizza Puglisi, «se la smezzano. Perché entrambi la volevano durante la campagna elettorale». Quindi, «a conti fatti: Di Maio: 6,75 + 3,375 (mezza controriforma delle pensioni) = 10,12 miliardi. Salvini: 3,375 + 600 milioni = 3,975 miliardi».

Le misure sulle famiglie arriveranno il prossimo anno, ha spiegato il senatore leghista Massimiliano Romeo intervenendo ieri a Skytg24. L'obiettivo è riformare le aliquote Irpef a partire dal 2020. Sempre che il bilancio permetta politiche di spesa.

Se il governo non troverà un accordo con la Commissione europea i margini per intervenire si restringeranno ancora di più, rendendo sempre meno probabile una vera riforma fiscale.

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