Politica

Il prete alpino difende la preghiera: «Allora al macero anche la Bibbia»

VeronaNei giorni più tesi tra chiesa e politica, in cui i vescovi si mettono a litigare pure con i cattolicissimi alpini, il vescovo di Vittorio Veneto, travolto dalle indignazioni, fa marcia indietro sulla censura alla preghiera delle penne nere. Ma la ferita, dopo il fattaccio ferragostano di passo San Boldo, nel trevigiano, dove in occasione della Messa per la Festa dell'Assunta un sacerdote ha imposto agli alpini di recitare un versione rivisitata della storica invocazione perché in contrasto con il messaggio della carità cristiana, è tutt'altro che rimarginata.

Non sarà certo il corpo, però, per cui la preghiera è molto più che un simbolo, ad arretrare. Lo sa bene, don Bruno Fasani, della diocesi di Verona, cuore di alpino e abito ecclesiastico, con un passato da sottufficiale delle penne nere e un presente da direttore della testata ufficiale dell'Ana, L'Alpino . Semmai, è la curia a dover superare quella sindrome da politically correct con cui certa «ideologia pacifista» detta legge su canti e preghiere. Del resto con questo criterio, osserva don Fasani «dovremmo allora buttare al macero anche molte pagine della Bibbia». E se è vero, come ha voluto precisare il presule di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, che «la diocesi non ha emanato alcun divieto», l'episodio più che più un caso isolato, riflette una malcelata e diffusa insofferenza della chiesa veneta nei confronti dei versi «incriminati».

Non è certo la prima volta che i celebranti disdegnano la lettura del passaggio che chiede a Dio di rendere «forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana». Roba da «crociata», secondo qualcuno, tutte quelle armi, e poco importa che siano affilate di «fede e amore» come premette lo stesso testo. Fughe in avanti da liquidare come «rigidità di qualche celebrante», per Fasani, ma che «addolorano» perché «rischiano di creare barriere nel nome della pace e del Vangelo». Certo la preghiera risente di «un clima sociale e culturale» profondamente mutato rispetto a ottant'anni fa. Per questo, ricorda il sacerdote «negli anni qualcuno ha cercato di apportare qualche modifica, ma l'Ana non ha mai voluto cambiare». Nel 1985 era stata pure ufficializzata una versione corretta - comunque diversa dall'editing del prete veneto - ma non è mai andata giù agli alpini.

Che continuano a guardare al testo originario.

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