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Le Procure rimettono la Lega nel mirino

Genova indaga sui fondi di Bossi: l'ipotesi è che c'entrino anche i successori

Le Procure rimettono la Lega nel mirino

La grande caccia ricomincia. Ma questa volta nel mirino c'è Matteo Salvini. Il leader della Lega come il Cavaliere solo qualche anno fa. Inchieste in rampa di lancio, fra sospetti, indiscrezioni, suggestioni subito rilanciate dal circuito mediatico. E poi verbali, rogatorie, interrogatori e perquisizioni. Sì, il partito giustizialista ha rotto la tregua e gli articoli si susseguono, documentando l'avanzata dei pm. Squilli di tromba e rullare di tamburi. Ieri il Fatto Quotidiano, organo di riferimento del giustizialismo tricolore, apre minaccioso su questo tema, relegando in secondo piano Macron, le dispute nel Mediterraneo e pure la stretta di mano fra Trump e Kim.

Vuoi mettere? L'indagine della procura di Genova è molto più interessante. C'è stato un movimento poco chiaro, anzi anomalo per gli inquirenti: 3 milioni sono usciti dai forzieri del Lussemburgo e sono approdati alla Sparkasse di Bolzano. Un'operazione disinvolta dietro cui potrebbe esserci lo zampino della Lega.

Ma attenzione: se la Lega prima maniera, quella di Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, è stata condannata in primo grado per la truffa dei rimborsi elettorali dispersi in mille rivoli, è su quella salviniana che vengono accesi i riflettori.

C'è, ci sarebbe, in giro un tesoro del Carroccio: 48 milioni di euro. Soldi pubblici. I pm di Genova Francesco Pinto e Paola Calleri hanno recuperato solo le briciole, circa tre milioni. La Lega di Salvini potrebbe aver riciclato quei capitali, misteriosamente inghiottiti da via Bellerio. Spifferi. Teoremi. Fanfare mediatiche. Sembra di tornare ai tempi d'oro di Berlusconi, quando il Cavaliere veniva bersagliato dai media di mezzo mondo che gli recapitavano in diretta gli atti giudiziari. Il Fatto non è solo. Anche la Stampa batte la stessa pista: i 3 milioni. Il report arrivato dalle autorità del Lussemburgo. La costruzione di un grande affresco sull'altra faccia della Lega, quella che avrebbe una certa dimestichezza con l'opacità. Tutta la Lega, da Umberto Bossi a Roberto Maroni, fino a Matteo Salvini.

Passa qualche ora e L'Espresso aggiorna in diretta la telenovela giudiziaria. Di nome in nome, di rimbalzo in rimbalzo, si arriva fino ad un'associazione leghista che avrebbe incassato contributi anche da Luca Parnasi, il costruttore al centro del progetto per la realizzazione del nuovo stadio della Roma, finito in manette giusto ieri.

Le connessioni fra Parnasi e il partito di Salvini al momento non vanno oltre questi bonifici, peraltro regolari. Ma questo è un dettaglio. Come lo è il fatto che al momento l'indagine di Genova non abbia neppure un indagato. Si va avanti, con l'ennesimo colpo di scena: tre inviati del Fatto, della Stampa e di Repubblica, sguinzagliati proprio a Bolzano, vengono identificati e trattenuti in caserma tre ore.

Tensione e prove tecniche di assedio, forse inevitabili a fronte delle standing ovation, dei selfie, dei grappoli di viti vendemmiati un po' ovunque in Italia. Il Cavaliere ha convissuto per vent' anni con la tempesta, per Salvini la partita è solo agli inizi. In un domino interminabile: 45 dei 48 milioni si sarebbero volatilizzati sulle strade del Carroccio. E anche Salvini, ritengono in procura, potrebbe aver utilizzato quel bancomat in nero. Forse è cosi. O forse no. La Lega resta sulla corda.

E in prima pagina.

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