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Pronta la missione italiana Tripoli minaccia: «Fermatevi»

In partenza navi, sottomarini e aerei contro gli scafisti Ma arriva lo stop del governo libico. La Farnesina media

Pronta la missione italiana Tripoli minaccia: «Fermatevi»

Ci sarà con ogni probabilità settimana prossima un vertice tra autorità libiche e militari italiani per definire i dettagli dell'operazione anti immigrazione di fronte alle coste di Tripoli. Il cambio di comando di «Mare sicuro» dovrebbe, infatti, avvenire il prossimo 9 agosto, da quanto si apprende da fonti vicine alla Marina militare.

Oltre al pattugliatore «Comandante Borsini», che già si trova in acque territoriali libiche, anche gli altri dispositivi già in uso saranno utilizzati a turno per controllare l'area interessata dalle operazioni Sar (Search and rescue).

Mare sicuro impiega al momento fino a 5 unità della forza armata di mare e gli elicotteri imbarcati. Ma saranno usati anche un sottomarino e i velivoli a pilotaggio remoto (Predator) dell'Aeronautica militare, che già da tempo sorvolano le coste del nord della Libia per individuare i punti di detenzione dei migranti da parte dei trafficanti di uomini e quelli di partenza dei barconi. Le informazioni rilevate verranno utilizzate per contrastare in maniera efficace le azioni di chi ha interesse che le carrette del mare prendano la via dell'Italia. Solo così, in collaborazione con la Guardia costiera libica, si potrà sperare in risultati concreti.

Nonostante il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, abbia indicato l'utilizzo di due unità navali, pare invece che si punti all'uso di tutti i dispositivi già in essere.

Le minacce del generale Khalifa Haftar, oltretutto, assumono sempre più una dimensione propagandistica. Il leader di Tobruk, infatti, ha a disposizione solo due Mig 21Ums, caccia che, in caso di decollo, sarebbero intercettati, qualora invadessero lo spazio aereo internazionale e, probabilmente, abbattuti. Su almeno una delle navi di Mare sicuro si trova un sistema missilistico antiaereo in grado di reagire a qualsiasi tipo di attacco. Per di più, gli assetti italiani entreranno in acque libiche su richiesta del governo di Tripoli comandato da Fayez al- Serraj, è vero, ma lo faranno solo in quell'area e non in quella, appunto, di responsabilità di Tobruk. È quindi improbabile che Haftar voglia bombardare in modo del tutto gratuito.

A corredo dell'operazione ci sarà poi l'impiego di nuclei dei militari della Brigata San Marco e di incursori della Marina, pronti a intervenire qualora si rendesse necessario.

Da indiscrezioni si apprende che dettagli maggiori sull'operazione libica saranno resi noti all'inizio della prossima settimana.

La missione italiana, però, si fa sempre più difficile, anche alla luce delle dichiarazioni di ieri del vice di al-Serraj, Fathi al-Mejbari che chiede al nostro Paese di «cessare immediatamente la violazione della sovranità libica» perché la stessa rappresenterebbe «una violazione esplicita all'accordo politico» con quella Nazione. Oltretutto, non esprimerebbe «la volontà del Consiglio presidenziale del governo d'Intesa». Mejbari si è appellato alla comunità internazionale e al Consiglio di sicurezza dell'Onu e ha chiesto alla Lega araba e all'Unione africana di esprimersi in merito. Ma la Farnesina precisa che le iniziative italiane saranno effettuate solo su espressa richiesta della stessa Guardia Costiera e del governo libico.

Intanto, l'Unhcr interviene, polemizzando, riguardo ai possibili rimpatri di migranti in Libia. «Non ci sono campi o centri per i migranti - ha spiegato Vincent Cochetel, inviato speciale dell'agenzia Onu per i rifugiati - ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri. Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono».

E altre critiche all'Italia arrivano anche da Emergency, che attacca il codice di condotta per le Ong stilato dal ministero dell'Interno perché metterebbe «a rischio la vita di migliaia di persone e costituisce un attacco senza precedenti ai principi che ispirano il lavoro delle organizzazioni umanitarie».

E, scrivono ancora dall'associazione di Strada, «questo codice è la foglia di fico di un'Europa che continua a dimostrarsi indisponibile, ancora prima che incapace, a gestire questa crisi con responsabilità e umanità».

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