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Una proposta pericolosa: così si distrugge lo studio

Una proposta pericolosa: così si distrugge lo studio

Nella gara elettorale alla promessa facile, il presidente del Senato Pietro Grasso merita la lode. L'affermazione di voler eliminare le tasse universitarie è più che ridicola. È pericolosa. Abolire un qualsiasi contributo per frequentare l'Università è il modo migliore per distruggerla. Gli atenei più prestigiosi e ricchi sarebbero azzoppati. Quelli più piccoli e deboli, uccisi. Da quanti anni discutiamo di merito, di riconoscimento del talento, di una selezione verso l'alto del livello dell'insegnamento, di un miglioramento degli standard degli atenei italiani, sia a livello di docenza sia a livello di servizi? E poi, in un colpo, tutto azzerato, a partire dalle tasse. Rendi gratuita una cosa, e immediatamente la deprezzerai. Vale per qualsiasi prodotto, anche quelli dell'ingegno. Forse di più.

Non chiedere una contribuzione economica a chi può permettersela, cioè i più ricchi, non è equo né razionale. Non chiederla a chi non può permettersela, cioè i più poveri, è demagogico e controproducente. La gratuità trova un senso fino alla scuola dell'obbligo. Dopo, quando studiare diventa una scelta (e insieme un impegno e un investimento), è un dovere. È l'altra faccia del diritto allo studio. Pagare le tasse è da una parte una forma di rispetto verso l'istituzione accademica, perché si valorizza uno specifico modello di istruzione. E dall'altra è una garanzia di buon funzionamento, perché innalza la qualità dell'offerta. Seguendo la proposta - populista, propagandistica e di difficilissima attuazione - del presidente Grasso, i primi a essere svantaggiati sarebbero i meno abbienti, il cui innalzamento sociale passa anche attraverso l'orgoglio, il sacrificio e la possibilità di pagare (secondo il reddito, come avviene oggi) le rette universitarie. E i primi a guadagnarci sarebbero i più facoltosi, che si sottrarrebbero di colpo all'obbligo di versare un contributo più alto - come avviene in una società giusta - per permettere a chi non ce la fa di pagare meno. Senza contare che ovunque, da noi come negli Stati Uniti (dove le tasse universitarie sono pesantissime), sia nel pubblico sia nel privato (dove le rette sono più alte), esiste una serie di meccanismi - borse di studio e non solo - che permette agli studenti meritevoli ma con basse possibilità economiche di beneficiare di un'esenzione dalle tasse che in alcuni casi è quasi totale. Date l'Università gratis a tutti e avrete atenei più poveri, studenti più ignoranti, un aumento spaventoso del numero dei «parcheggiati», un'istituzione universitaria ancora più declassata di quanto già lo sia, il definitivo tracollo dell'università pubblica rispetto a quella privata, una fuga più ampia (e comprensibile...) dei nostri giovani cervelli all'estero. Poi mancherà solo il Trenta «politico» a tutti. Liberi e Uguali, in tutti i sensi. Il Sessantotto realizzato cinquant'anni dopo. Buon compleanno, «Fantasia al potere». A pensarci bene il presidente del Senato avrebbe potuto osare di più.

Invece che togliere le tasse, poteva abolire direttamente l'Università.

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