Cronache

Pusher, telefono, pistola I quesiti senza risposta sull'omicidio di Cerciello

Giallo sulla chiamata al 112. Spunta in chat la foto di uno degli indagati interrogato bendato

Pusher, telefono, pistola I quesiti senza risposta sull'omicidio di Cerciello

Lee Elder Finnegan, l'omicida del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, non parla. E spunta un supertestimone, Tarek, parcheggiatore egiziano a piazza Mastai. L'uomo, in Italia da 30 anni, davanti le telecamere di SkyTg24 racconta: «Erano seduti qui i due americani. Erano ubriachi e impasticcati. Avevano rubato una borsa a Campo de Fiori. Poi arrivano i due carabinieri in borghese e loro fuggono. Uno era quello ucciso. Mi chiede delle telecamere e io gliela indico. Quella ha visto tutto». Nel primo interrogatorio Elder avrebbe raccontato che Cerciello non si era qualificato. Il suo connazionale e compagno di stanza, Natale Hjorth, dice il contrario. Le versioni dei due americani accusati di concorso in omicidio volontario e tentata estorsione, non coincidono. Ma questi sono solo alcuni dei punti oscuri di una drammatica vicenda avvenuta tra Campo de' Fiori, Trastevere e Prati, alle spalle del Vaticano.

Nessun turista rapinato, nessun cavallo di ritorno. Solo una vendetta, un ricatto, fra due clienti gabbati e un pusher. Sergio Brugiatelli vende cocaina agli americani in vacanza nella capitale. Loro gli mollano 100 euro. Quando aprono la bustina con la polvere bianca si accorgono che è aspirina: il classico pacco. Tornano, infuriati, dallo spacciatore. A uno viene l'idea: afferrare lo zaino dell'italiano e darsela a gambe. All'interno il cellulare del pusher con numeri e nomi compromettenti, oltre ai documenti. Cosa fa lo spacciatore rapinato? Chiama il 112. No. La richiesta al Nue non è registrata. Il rapinato chiede comunque aiuto ai carabinieri fermando una pattuglia, è la versione ufficiale. Per altri, invece, telefona a un militare della stazione piazza Farnese, il comando di Cerciello. Lo fa dal telefono cellulare di una donna. Il numero, evidentemente, lo conosce a memoria. A questo punto si può pensare che Brugiatelli sia un informatore. Un personaggio fondamentale per le forze dell'ordine. Fin qui tutto regolare, o quasi. Secondo Tarek, Cerciello e il suo collega Andrea Varriale, in abiti civili, si presentano a piazza Mastai per recuperare il maltolto. Ma i due fuggono. Gli americani insistono: vogliono i loro soldi e un grammo di coca, quella buona. Una transazione «pacifica» per mollare lo zaino al legittimo proprietario. Quando il pusher chiama gli danno appuntamento. Davanti l'Unicredit di via Pietro Cossa non trovano lo spacciatore. Lo avevano previsto, tanto che dalla stanza del LeMeridien Visconti scendono in strada con un coltello dalla lama affilata.

Cerciello cerca di identificarli, Elder lo massacra di coltellate. Varriale prova a fermarlo ma l'altro lo ferisce con un punteruolo. La tragedia, a questo punto, è finita. Nessuna pattuglia di appoggio, altrimenti perché i colleghi non sono intervenuti? Nessuna pistola. Cerciello e Varriale non hanno estratto armi. Perché? Erano fuori servizio, visto che la segnalazione per rapina viene fatta da un personaggio legato al mondo dello spaccio?

In questa brutta storia in cui un carabiniere di 35 anni ha perso la vita molte cose non tornano. Come i quattro maghrebini. Che ruolo hanno? Due di loro, sulle prime, sono indicati come gli assassini. Dopo l'interrogatorio, dietrofront. Le stesse chat dei carabinieri li additano come gli spietati killer del collega. Puntato, l'app degli operatori di polizia, titola: «Catturati. Tre cittadini di origini marocchine uno di origini algerine. Se uccidi uno di noi hai il tempo contato e ti trascineremo davanti a un giudice» con le foto dei quattro nordafricani. Nel pomeriggio i maghrebini spariscono. Sono loro a vendersi gli americani? E spunta un ulteriore giallo, rivelato dall'AdnKronos: sempre nelle chat, infatti, girerebbe la foto di uno degli indagati, probabilmente Natale Hjorth, mentre viene interrogato in caserma davanti a un pc con una benda agli occhi. Della fotografia non si conoscono l'autenticità e la provenienza. Sarebbero comunque stati avviati accertamenti. L'Arma prende le distanze sulla diffusione delle foto degli indagati.

E intanto esplode la rabbia dei militari, per le speculazioni e gli attacchi che si stanno scatenando «con un morto ancora da piangere».

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