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Quando il voto è utile: pensioni e stangata rinviate a dopo le urne

La maggioranza sotto pressione ha deciso: i provvedimenti impopolari slitteranno tutti

Quando il voto è utile: pensioni e stangata rinviate a dopo le urne

A volte meglio non fare niente che prendere decisioni sbagliate. Preferibile rinviare che affrettarsi su scelte di dubbia efficacia. Poco importa se alla base ci sia una poco nobile motivazione elettorale.

Caso di scuola, quello che sta emergendo nelle ultime ore in tema di pensioni. Il ministero dell'Economia aveva preparato per settembre il decreto che aumenta l'età pensionabile a 67 anni dagli attuali 66,7 per uomini e donne. L'aumento graduale dell'età pensionabile è previsto da una riforma del 2011, ed è legato all'aumento delle aspettativa di vita, ma la notizia dell'ultimo adeguamento è stata accompagnata da contestazioni pesantissime.

Le ragioni dei contrari sono tre, due tecniche e una politica. Innanzitutto la crescita dell'aspettativa di vita non è più così lineare, tanto che nel 2015 si è registrata una lieve diminuzione per la prima volta da quando si registra il dato.

Seconda obiezione, sollevata da due ex ministri di tendenze opposte quali Maurizio Sacconi (governo Berlusconi) e Cesare Damiano (esecutivo Prodi), l'automatismo è un principio giusto, ma se si somma allo scatto dell'età pensionabile previsto dalla riforma Fornero, diventa una tagliola che porterà in qualche anno l'età del ritiro oltre i 70 anni. Oggettivamente insostenibile, sia per i lavoratori sia per le aziende. Meglio quindi, sostengono i due esperti di lavoro e previdenza, frenare il meccanismo.

Fatto sta che, dopo mesi di porte chiuse e «no» confermati ai sindacati che chiedono di frenare l'adeguamento, nel governo si è aperta una breccia. Non per modificare il meccanismo che condanna le nuove generazioni a dimenticarsi il ritiro dal lavoro con un assegno, ma per spostare il decreto con la quota 67 a dopo le elezioni.

La motivazione è quella politica. La pensione a 67 anni dal 2019 non piace a nessuno, né datori né lavoratori e mette d'accordo vecchie e nuove generazioni. Ci sarebbe tempo per varare il decreto fino a dicembre, ma il governo potrebbe mettere nella legge di Bilancio o nel decreto fiscale un emendamento che rinvia la decisione alla prossima estate.

Lontano dal giorno delle urne. Anche perché il provvedimento dovrebbe passare per il Parlamento dove i 16 voti di Articolo uno - Mdp sono necessari. Il gruppo della sinistra è molto vicino ai sindacati che chiedono di frenare l'aumento.

Il rinvio potrebbe avere effetti concreti se anche il prossimo governo dovesse decidere di non decidere. La legge prevede che l'aumento dell'età scatti comunque, ma dal 2021 e non dal 2019. Due anni di respiro per i pensionandi. Poi potrebbe rimanere questo livello, quindi a 67 anni che, detto per inciso, è un'età pensionabile più alta di quelle in vigore in molti altri paesi europei.

Sembra, insomma, che le elezioni stiano convincendo il governo a rinunciare a un'altra legge impopolare, come nel caso dello Ius soli. Anche in questo caso, buttando la palla nel campo del prossimo governo, che si troverà a dovere decidere cosa fare della cittadinanza ai figli degli stranieri e anche dell'età pensionabile

Senza contare l'eredità strettamente legata ai conti pubblici. Il prossimo governo dovrà evitare aumenti dell'Iva e delle accise neutralizzati solo per quest'anno. La clausola di salvaguardia vale circa 7,5 miliardi il 2019.

Tra pensioni e aumenti Iva, un annus horribilis.

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