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Quante bufale sull'occupazione

Quante bufale sull'occupazione

Il governo Conte giallorosso, è il più ricco di anime, fra loro diverse, post comuniste e cattocomuniste, che ci sia mai stato in Italia, tenute insieme collo scotch del desiderio di potere. E ciò lo conduce alle fake news, informazione deformate, ai fini della sua fragile sopravvivenza. Così ha presentato in modo artefatto i dati dell'Istat sulla disoccupazione in Italia. Istat informa che alla fine del secondo trimestre la disoccupazione è scesa sotto il 10% al 9,8%. Sembra una eccellente notizia, che per altro, riguarderebbe i meriti del Conte uno non del Bisconte, ufficialmente succeduto al Conte 1, per riparare ai suoi errori. Ma se invece che l'inizio del testo dell'Istat si va a leggere il seguito e l'intero insieme delle tavole statistiche si scoprono due fatti che mostrano come quel 9,8% non sia una buona notizia. Infatti, innanzitutto, l'aumento del numero di occupati non si traduce in un aumento del numero di ore lavorate perché sono aumentati gli occupati con posto fisso a tempo parziale, cioè con orario ridotto ed è aumentato il numero di ore di cassa integrazione. Inoltre la variazione positiva su cui la propaganda si sofferma è quella della dinamica del II trimestre sul 2019, che è di 130 mila unità, ossia il 6% in tre mesi. Però nel luglio 2019 il tasso di disoccupazione è in lieve aumento e quello di inattività rimane invariato su giugno 2019. Comunque, per misurare la disoccupazione bisogna fare il confronto con lo stesso trimestre del 2018. E allora l'aumento è di 78mila unità, cioè lo 0,3% in 12 mesi, dovuta all'aumento dei dipendenti permanenti a fronte del calo di quelli a termine e degli indipendenti. A questo ritmo, ci vogliono 10 anni per avere la disoccupazione del 6% dell'epoca della Legge Biagi del governo Berlusconi. Per di più s'accresce il divario Nord-Sud. Alla crescita dell'occupazione nel Nord e un po' meno nel Centro, fra il I e il II trimestre (+0,7% e +0,1%, rispettivamente) si contrappone, per il terzo trimestre consecutivo, il calo nel Sud (-0,3%). Si sa, da altri dati, che al Sud dilaga l'occupazione in nero soprattutto perché i contratti nazionali di lavoro, tarati sul costo della vita medio nazionale possono funzionare nel Nord e, parzialmente, nel Centro, ma non nel Sud ove il costo della vita è minore e spesso la produttività è minore. Servirebbero un decentramento contrattuale regionale e i contratti di produttività, non contemplati nel Jobs Act dei rossi e nel decreto Dignità dei gialli. L'Istat aggiunge che, dopo due trimestri di calo, torna ad aumentare il numero di inattivi di 15-64 anni (+63 mila in un anno, +0,5%). Dunque la disoccupazione si riduce in buona parte perché si riduce il numero di giovani che cercano lavoro. L'Istat dice che queste dinamiche del lavoro si inseriscono nella fase di ristagno dell'economia con crescita zero del Pil. A questo campanello d'allarme urge rispondere.

Ma i giallorossi in tutt'altre faccende sono affaccendati.

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