Politica

Quante grane dai vice dei colonnelli

Dal caso Lodi alla Campania, la maledizione dei bracci destri dei big democratici

Quante grane dai vice dei colonnelli

Si scrive Uggetti, il sindaco piddino di Lodi finito agli arresti, ma si legge Guerini, vicesegretario lodigiano del Pd, suo padrino politico. Una carriera politica tutta all'ombra di Guerini, prima come sue assessore (due volte) in Provincia, poi da lui designato come successore (sostenuto nella corsa a sindaco da una lista dal nome eloquente, «Nel solco di Guerini»), nella scia del vicesegretario Pd anche un po' nella vita privata, avendone sposato l'ex segretaria. Insomma a pieno titolo suo «braccio destro». Una categoria sventurata, i bracci destri dei big. Specie in un partito come il Pd dove le promozioni nella gerarchia dipendono da cordate, alleanze, fedeltà ad un capocorrente che scala i piani alti. Ma come le correnti portano a galla, così pure possono portare a fondo, se piombano tra capo e collo del braccio destro le indagini giudiziarie o gli ordini di custodia cautelare. Una circostanza tutt'altro che infrequente, peraltro.

Specie in Campania. Lì nei guai è finito un altro «delfino», Stefano Graziano, consigliere regionale e presidente del Pd campano autosospeso dopo l'indagine per presunta corruzione. Anche per lui una vita sul solco dei colonnelli, prima la vecchia guardia post Dc transitata con i Democratici (De Mita, Follini), quindi la nuova leva di partito fino ad Enrico Letta, che da premier lo chiama a Palazzo Chigi come consigliere. Come per gli altri dirigenti del partito in Campania la cinghia di trasmissione con i vertici nazionali del Pd passa da Luca Lotti, il potente sottosegretario di Renzi, regista del «giglio magico» e gran supervisore dei rapporti tra governo e partito. A Lotti riporta anche Vincenzo De Luca, il governatore campano, anche lui qualche problema con le Procure, e anche lui qualche problema con i bracci destri. Il suo storico collaboratore Nello Mastursi, responsabile dell'organizzazione del Pd campano e capo della segreteria di De Luca, si è dovuto dimettere per non trascinare nei guai anche il governatore. La sventura del braccio destro, la maledizione dei delfini. Che, certo, non riguarda solo il Pd. Uno dei deputati più vicini al leader Ncd Angelino Alfano, ovvero il catanese Giuseppe Castiglione, suo - appunto - braccio destro, dal 2015 è indagato dalla Procura di Catania per l'appalto di gestione del Cara di Mineo, il centro di accoglienza dei migranti protagonista di diversi scandali. E poi il leghista Rizzi, «braccio destro» di Maroni in Lombardia, finito in carcere. Tempo fa Il Foglio arrivò a descrivere addirittura una «poetica del braccio destro», perché «ognuno ha il suo Letta (stavolta nel senso di Gianni, storico braccio destro di Berlusconi, ndr) Penati, tessitori di scandali e virtù», mentre impazzava il processo a Penati, delfino di Bersani, a lungo inquisito e perciò sconfessato da tutto il partito, poi riabilitato dall'assoluzione a carriera politica ormai bruciata. Negli intrecci tra 'ndrangheta e politica nella pianura reggiana ogni volta si tira in ballo Graziano Delrio, ministro renziano e capofila del Pd in quella zona. Sfiorato pure dal fango schizzato da Potenza, con l'inchiesta sulle trivelle, costata il ministero alla Guidi.

Per colpa, stavolta, di un braccio destro sui generis, l'ex fidanzato.

Commenti