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Quanti arresti annullati. Tutti gli abbagli dei pm

Il Riesame ha annullato l'ordinanaza di custodia cautelare per il forzista: mancano gravi indizi di colpevolezza. Alcune Procure usano il carcere per ottenere confessioni

Quanti arresti annullati. Tutti gli abbagli dei pm

Luigi Cesaro non c'è entrato. Alfonso Papa c'è restato per 17 giorni. Luigi Grillo per tre mesi, e poi ai domiciliari. Tre politici, tre ordinarie storie di scarcerazione (o, per Cesaro, di carcere evitato). Storie già troppe volte sentite nella loro dinamica: tribunali del Riesame che smontano i teoremi accusatori dei pm, che sulla base di quei teoremi avevano ottenuto la custodia cautelare in carcere degli imputati.

Non è un caso che tra le reazioni all'annullamento dell'ordinanza di arresto del deputato azzurro Cesaro per «carenza dei gravi indizi di colpevolezza», molte rimarchino l'uso distorto tutto italiano della carcerazione preventiva. Il problema è la valutazione «elastica» delle esigenze cautelari che giustificano la galera: pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Nella realtà, lo dimostrano i frequenti colpi di falce che il Riesame assesta alle manette facili delle procure, di rado il carcere preventivo è l' extrema ratio .

Mentre Cesaro tira un sospiro di sollievo per la «fine di un incubo», qualcuno ricorda che i pm volevano arrestarlo per vicende di dieci anni fa, e che il gip ci ha messo due anni e mezzo a emettere l'ordinanza. A rimettere il tema di una riforma sul tavolo, tra gli altri, è il presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma. Per il senatore azzurro la decisione del Riesame dimostra «la fragilità dell'impianto accusatorio» della Dda di Napoli, e l'«ennesimo episodio» reclama «la necessità di una urgente e seria riforma della giustizia».

Una posizione condivisa da un altro ex magistrato, l'ex deputato del Pdl Alfonso Papa, primo parlamentare spedito dall'Aula dietro le sbarre non per fatti di sangue. Era il luglio del 2011, e della messe di accuse che - secondo i pm napoletani Greco, Curcio e Woodcock - giustificavano l'arresto di Papa, oggi resta in piedi solo una concussione: spese alberghiere per meno di 2mila euro che gli avrebbe pagato un imprenditore. Uscito dal carcere dopo 101 giorni, Papa aveva fatto sua la battaglia per le condizioni delle carceri. Lo scorso 22 luglio è finito di nuovo al fresco, ancora su iniziativa della procura di Napoli, per concussione con l'aggravante della finalità mafiosa, per vicende datate 2009. Che l'impegno per i diritti dei detenuti fosse interessato? Non per il Riesame di Napoli, che lo scorso 8 agosto lo ha scarcerato, dopo meno di venti giorni, colpendo ancora una volta nel merito l'ordinanza di arresto.

Che ci sia qualche cosa che non funziona sembra evidente. E lo stesso ex deputato, tornato libero, rimarca il problema. «C'è un uso smodato, eccessivo, della carcerazione preventiva», spiega Papa. Che aggiunge come «le condizioni delle nostre carceri e il fatto che la nostra Costituzione presume la non colpevolezza dell'imputato rendono evidente che il ricorso alla custodia cautelare in carcere potrebbe essere valutato con maggiore attenzione». E invece nelle patrie galere circa il 40 per cento dei detenuti sconta una pena «preventiva». La ricetta per uscirne, anche per Papa, è la solita. «Se oggi - spiega l'ex deputato del Pdl - è più facile finire in carcere per un'ordinanza di custodia cautelare che dopo una condanna di primo grado, direi che è tempo che il governo faccia una riforma. Partendo da intercettazioni e carcerazione preventiva. Non per me o per Cesaro, ma per le migliaia di persone sconosciute che vedono loro vite distrutte da questo istituto che, se abusato, diventa micidiale».

Lo sa anche il viceministro della Giustizia, Enrico Costa, che ieri al Mattino ha dichiarato che «molto spesso» si è abusato della carcerazione preventiva «per bilanciare l'incertezza della pena». Di certo, il carcere preventivo non dovrebbe essere uno strumento d'indagine, un «incentivo» a confessare. E lo scorso 30 luglio, l'ex senatore Grillo, arrestato per l'inchiesta sulle tangenti dell'Expo, ha lasciato il carcere milanese di Opera dopo tre mesi.

Il sì del gip ai domiciliari, ha spiegato il suo avvocato, è arrivato perché «si sono attenuate le esigenze cautelari, per il tempo trascorso in carcere e per i chiarimenti dati su aspetti dell'indagine».

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