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Quattro nostri sommergibili pattugliano le coste per intercettare il Califfo

Gli obiettivi: spiare le comunicazioni e difendere il metanodotto di Mellitah

Quattro nostri sommergibili  pattugliano le coste per intercettare il Califfo

Quattro sommergibili della Marina militare italiana «pattugliano» le coste libiche in un'operazione definita top secret, ma che in realtà ha due obiettivi ben precisi: controllare le comunicazioni dei gruppi di terroristi che fanno capo al Califfato islamico, e difendere, proprio dall'Isis, il metanodotto di Mellitah. In attesa di definire un possibile intervento militare, l'Italia in Libia è già presenze con i sottomarini dell'operazione Mare Sicuro. Si tratta di una missione che dal marzo del 2015 vede l'impiego di 900 marinai al largo delle coste del Nord Africa.

Sirte, la capitale della provincia che diede i natali a Gheddafi, è nelle mani dei miliziani di Al Baghdadi dal giugno del 2015. Gli uomini dell'Esercito libico fedele al generale Khalifa Haftar stanno per lanciare un'offensiva importante, ma al momento la località della Tripolitania è un feudo dello Stato islamico, e ritrovarsi i miliziani col drappo nero a ridosso delle piattaforme petrolifere off-shore dell'Eni è un rischio che va scongiurato. Quello di Mellitah è il più grande metanodotto sottomarino in esercizio nel Mediterraneo (il secondo è quello algerino di Transmed) e ha una valenza cruciale essendo l'unica fonte di approvvigionamento insieme al gas russo. Prima dei disordini in Libia copriva il 20% del nostro consumo, attualmente siamo intorno al 10%. Come ricorda un comunicato ufficiale della Marina militare, «l'operazione prevede missioni da svolgere a tutela degli interessi nazionali, con attività di presenza, sorveglianza e sicurezza marittima». Operazioni e interventi che vengono eseguiti da quattro sommergibili della nostra flotta, classe U-212 (dal costo di un miliardo di euro ad esemplare), costruiti da Fincantieri e Howaldtswerke e in dotazione anche alle marinerie tedesca e israeliana. La classe U-212, con 4 ufficiali e 23 sottufficiali a bordo, è ad oggi tra le migliori al mondo: di medie dimensioni, impiega tecnologie innovative e propulsione a idrogeno che ne permettono le più elevate prestazioni nella guerra elettronica. L'epopea dei siluri, che ci riporta alle peripezie letterarie di Tom Clancy e del generale Marko Ramius di Caccia a Ottobre Rosso, ormai ha ceduto il passo a frontiere più avanzate, dove le partite decisive si giocano nell'intercettare, localizzare, registrare e analizzare fonti di un nemico che staziona ormai minaccioso a due passi dalle nostre coste. Senza tralasciare il supporto nel monitorare le navi cariche di migranti, quelle che poi dovranno essere bloccate in alto mare prima di far scendere il carico umano sulle carrette della disperazione. Sulla questione dei sommergibili italiani si segnala tra l'altro una nota del ministro della Difesa dell'esecutivo di Serraj, Mahdi Al Barghathi: «Siamo al lavoro per ricostruire patria e democrazia. Il sostegno dell'Italia e quello internazionale è di basilare importanza». Al Barghathi, in passato agli ordini proprio del generale Haftar, rivela di aver «cercato l'aiuto di esperti di tecnologia militare provenienti da vari paesi, tra i quali Canada, Australia, India ed Egitto.

Se l'Italia fornisce la propria collaborazione non possiamo che essere soddisfatti e accettare cooperazione e protezione via mare».

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