Politica

Quegli appalti anomali nel nome della legge

Sotto l'egida dell'Expo una serie di contratti per innovare i tribunali: tutto a una sola società

Luca Fazzo

Milano Un grande imbroglio in nome della Giustizia, messo in atto grazie a complicità a tutti i livelli e sotto l'immancabile egida di Expo. È un fronte potenzialmente devastante quello aperto dal Garante per la Concorrenza con l'inchiesta sugli appalti milionari per l'ammodernamento della giustizia italiana, andati tutti ad una società che agiva in condizioni di sostanziale monopolio. Sul tavolo non ci sono solo gli appalti gestiti direttamente dal ministero della Giustizia ma anche quelli che il Comune di Milano ha affidato, con la scusa dell'esposizione universale, alla medesima società, senza neanche un simulacro di gara d'appalto.

La società si chiama Net Service, nasce a Bologna nel 1997, nel luglio 2004 viene assorbita da Finmeccanica. È in questo periodo che accumula commesse su commesse dalla Dgsia, la direzione centrale per gli appalti informatici del ministero della Giustizia. In pratica, come ha ricostruito l'inchiesta dell'Antitrust, la società bolognese fornisce un sistema di cui lei sola ha le «chiavi», e in questo modo si garantisce la certezza di incassare tutti gli appalti successivi.

La prima volta in cui il nome di Net Service compare sulla stampa è l'anno scorso, quando il Giornale racconta di come sia stata distribuita la montagna di soldi - sedici milioni - arrivati a Milano per ammodernare la giustizia cittadina in nome di Expo. Si scopre che gli stessi difetti che la magistratura milanese rimproverava in quei mesi ai vertici di Expo, cioè la mancanza di trasparenza sugli appalti, si erano riprodotti pari pari quando gli appalti riguardavano la giustizia. La struttura del Comune che gestisce le spese per il tribunale aveva affidato commesse da milioni di euro senza gara. Tra i principali beneficiari, Elsag di Finmeccanica e la Net Service, anch'essa in orbita Finmeccanica.

Ora proprio quegli appalti sono tra i capi d'accusa che l'associazione delle imprese di software gestionali ha indicato nell'esposto a carico di Net Service: perché proprio gli appalti già concessi dal ministero diventano poi l'alibi per il Comune di Milano per scegliere Net Service come unico interlocutore. Nel mirino dell'Antitrust ci sono tre appalti andati dal ministero a Net Service nel 2001, 2002 e 2007 per progettare, realizzare e gestire il Pct, il processo civile telematico, il megaprogetto che dovrebbe eliminare le scartoffie dai tribunali. L'Antitrust accusa Net Service di avere barato, non mettendo a disposizione delle aziende concorrenti gli elementi per partecipare alle gare successive. «Le esclusive di cui Net Service gode e ha goduto negli anni» sono state utilizzate per «porre in essere una serie di condotte volte a ostacolare il dispiegarsi della concorrenza nel mercato dei software applicativi» attraverso «la comunicazione incompleta e intempestiva delle nuove specifiche tecniche occorrenti al fine di assicurare l'interoperabilità dei software dei produttori concorrenti con l'infrastruttura informatica del Pct, realizzata e gestita da Net Service». Il Garante ha scoperto che l'azienda fornisce «informazioni incomplete e intempestive» impedendo ai rivali di «elaborare correttamente la programmazione della propria versione del software». E il provvedimento racconta di come un avvocato cercò di depositare via Internet un atto usando un software diverso da quello di Net Service, e se lo vide respingere. Riprova subito dopo con il software dell'azienda, e il sito del tribunale accettò senza fare una piega.

Grazie agli appalti del ministero Net Service ha egemonizzato anche il mercato «a valle», un business da venti milioni, «vendendo i propri prodotti a ordini forensi e studi legali di tutta Italia», perché «la posizione dominante di Net Service le consente di conoscere in anticipo le traiettorie evolutive del linguaggio informatico», che si guarda bene dal condividere con i concorrenti.

Come è possibile che questa concorrenza sleale fosse ignota sia al ministero della Giustizia che al Comune di Milano che ai vertici del tribunale milanese, che davano il loro avallo alle commesse senza gara, è una domanda cui ora si potrà forse trovare qualche risposta nelle carte che la Guardia di finanza ha sequestrato su ordine del Garante.

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