Cronache

Quei profughi "griffati" che se la spassano in hotel

I turisti di Rimini: "Altro che disperati, chi è ospitato qui ha tablet e abiti di marca"

Quei profughi "griffati" che se la spassano in hotel

Rimini - La donna della spiaggia ha un identità. Trovata il 29 aprile sul bagnasciuga di Bellaria, i familiari l'hanno riconosciuta per un orecchino: 57 anni, di Cesena, morta per annegamento, ipotesi più probabile il suicidio, la sua azienda era fallita. Rimini non è la città del benessere assicurato. Il mese scorso i turisti sono stati 900mila, un quinto in più di maggio 2014. Ma sarà la paura di una crisi visibile dai tanti alberghi abbandonati tra i lungomare e la ferrovia, sarà per la storia di quella donna disperata, nella zona di Miramare la presenza dei profughi ospiti all'hotel Evelyn crea disturbo. «Più che altro perché sono pieni di tablet e telefonini, vestono Adidas, ma chi di noi ha il tablet e le scarpe firmate?», ironizza vispa la tabaccaia all'angolo tra via degli Oliveti e viale della Maddalena. Una ragazza con il palmare sotto il braccio precisa: «Il mio è aziendale eh! se lo perdo me lo scalano dallo stipendio. La prossima vita rinasco profuga! Come facciamo a sapere che sono tutti profughi veri?». Le risposte alle domande di asilo potrebbero arrivare non prima dell'inverno. Per ora gli ospiti riminesi sono 314, presto, forse, 400.

A sentire qualche storie di loro, i 55 dell'hotel Evelyn tre stelle (vengono da Nigeria, Senegal, Costa d'Avorio) c'è solo da ringraziare di essere nati in Italia. Colis della Nigeria racconta nella hall delle persecuzioni dei musulmani contro i cristiani nel nord del suo Paese: «I miei genitori sono stati uccisi. Ho scelto l'Italia perché è il posto più accogliente di tutti». All'Evelyn per ora sta succedendo un miracolo: i 28 musulmani sono entrati nel Ramadan, e i cristiani per solidarietà hanno accettato di spostare la cena dalle 19.30 alle 21. Sono arrivati sabato scorso. L'albergo, abbandonato da tempo, è stato affittato da una società che conduce l'attività insieme alla cooperativa Cad, che sta andando fortissimo in Emilia Romagna sul fronte profughi. La giornata degli ospiti dell'Evelyn per ora è tutta tra la hall, giri in bicicletta e relax in spiaggia. Il sogno di Nicolas, l'interprete del Burkina Faso, è organizzare partitelle di calcio con gli italiani.

Il problema è che Rimini è una città dove le incongruenze, i paradossi, stanno diventando pericolosi: nell'ultimo bando per l'assegnazione delle case popolari 19 alloggi (il 70%) sono andati agli extracomunitari, 8 agli italiani. La barista del Caffè accanto al tabaccaio fa il cenno della mano a dita unite: «Qui la gente vuole che se ne vadano via». «Li vedessimo in difficoltà, chi non li aiuterebbe - si sfogano due turiste romane all'hotel Impero - ma vederli sulle panchine con le cuffie colorate e sapere che per loro si spendono 35 euro al giorno quando ci sono pensionati che vivono con 500 euro al mese fa accapponare la pelle».

Siamo all'inizio, oltre che della stagione balneare, di quella dell'abusivismo sfrenato in spiaggia. Allo stabilimento 128 l'avvocato bagnino Veiner Nanni una volta ha contato 107 venditori in 29 metri. Ormai sono migliaia, e per la polizia «è impossibile contenerli», spiega il segretario provinciale del Sap di Rimini, Tiziano Scarpellini. Mancano mezzi, uomini, fondi. Ci sono difficoltà relative ai rimpatri.

Risultato: molto lavoro finisce per essere svolto a vuoto.

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