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Quell'«agenda parallela» di papa Francesco

Quell'«agenda parallela» di papa Francesco

« Todos somos Papa Francisco ». Ci scherzano su alcuni giovani sacerdoti sudamericani che passeggiano vicino a Piazza San Pietro all'indomani dello storico discorso di Barack Obama sulla riapertura delle relazioni diplomatiche con Cuba. Quel « Todos somos americanos », pronunciato al termine del discorso dal presidente degli Stati Uniti, si è già trasformato in un inno a Papa Francesco, l'uomo che con lettere e telefonate ha reso possibile il disgelo tra i due Paesi. «Oggi siamo tutti contenti perché abbiamo visto come due popoli, che si erano allontanati da tanti anni, ieri hanno fatto un passo di avvicinamento» ha detto Papa Francesco parlando della vicenda cubana a un gruppo di tredici ambasciatori presso la Santa Sede ricevuti nel Palazzo Apostolico.

«Nonostante i mille impegni in agenda, il Papa ci ha messo davvero il cuore», fanno sapere dalle sacre stanze: dopo gli incontri segretissimi in Vaticano, ad ottobre, con le delegazioni cubane e statunitensi e dopo le telefonate e le lettere a Raùl Castro e a Obama, Francesco è riuscito a chiudere il cerchio, trovando una soluzione condivisa dopo decenni di fine lavoro diplomatico e viaggi apostolici compiuto dai suoi predecessori (da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI). Tutto era cominciato sotto il pontificato di Papa Roncalli, pontefice santo che si era impegnato in prima persona appena esplosa la crisi cubana; 55 lunghi anni di silenzio per arrivare alla svolta, annunciata nel giorno del settantottesimo compleanno dell'uomo «venuto dalla fine del mondo» che ha fatto crollare quest'ennesimo muro. «Oggi Papa Giovanni sarebbe felice, ma siamo tutti molto felici», confida al Giornale il Card. Loris Capovilla, 99 anni, già segretario particolare di Giovanni XXIII. «Io mi rallegro per questo passo in avanti che porta all'unione dei cuori. È importante che ci sia sempre dialogo, sempre armonia tra i popoli per il bene dell'umanità intera». Il porporato ricorda ancora vividamente quei primissimi giorni della crisi tra Stati Uniti e Cuba e la conseguente interruzione dei rapporti diplomatici tra i due Paesi: «Non potrò mai dimenticare il dolore e il disappunto di Papa Giovanni per la fuga del clero locale dopo la salita al potere di Castro. Quella sera il Papa era furioso e continuava a ripetere: “I rapporti diplomatici non s'interrompono mai”».

A distanza di mezzo secolo un altro Papa, questa volta latinoamericano, è riuscito a far riaprire la porta del dialogo tra i due Paesi, impegnandosi in prima persona tra un impegno pastorale e l'altro. È infatti fittissima l'agenda di Francesco, una tabella di marcia molto rigida che incrocia gli impegni da capo di Stato con quelli da parroco della porta accanto e da padre spirituale. È l'agenda «trasversale» di papa Francesco, il Pontefice che ogni giorno trova il tempo per lasciare messaggi in segreteria telefonica, regalare i sacchi a pelo ai senzatetto, che incontra gli ammalati, che riceve ospiti di tutti i tipi alla Domus Santa Marta (dai vecchi amici ai capi di Stato), che telefona a sorpresa, ad esempio, alla nonnina centenaria perché gli ha regalato una sciarpa o che chiama persino Roberto Benigni dopo il suo show televisivo dedicato ai Dieci Comandamenti. Una telefonata personale di un'ora e un quarto quella del Pontefice all'attore toscano, fanno sapere fonti vaticane.

Una lunga chiamata (fatta martedì mattina) durante la quale Papa Bergoglio avrebbe confidato a Benigni di aver seguito una volta dal vivo un suo spettacolo a Buenos Aires: l'allora arcivescovo aveva comprato un biglietto per lo show ed era rimasto colpito dalla sua bravura.

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