Politica

Quelle congiure contro se stessa Ecco dove la sinistra dà il meglio

Da D'Alema ai 101 di Prodi, i tradimenti più celebri di Palazzo

Quelle congiure contro se stessa Ecco dove la sinistra dà il meglio

La congiura in politica è un eterno ritorno. Sgambetti e coltellate alle spalle costellano la nostra storia. Una vera carrellata, descritta da Bisogna saper perdere-Sconfitte, congiure e tradimenti in politica da De Gasperi a Renzi, il nuovo libro dei giornalisti di Sky Tg24 Filippo Maria Battaglia e Paolo Volterra (Bollati Boringhieri). Ci sono i leader che non sanno perdere, ma anche le grandi congiure della Repubblica. Molte a sinistra.

Rimini, 4 febbraio 1991. Al primo congresso del Pds manca la «formalità» dell'elezione di Achille Occhetto a segretario. La Quercia è già un concentrato di «intrighi, colpi di scena, congiure e scene madri». E c'è la trappola: «Occhetto risulta non eletto, per mancanza di quorum». Un «colpo di mano». Achille è «furente», «attraversa a piene falcate il congresso in disarmo e si rifugia al bar. Dove ordina un whisky, un Johnnie Walker che berrà in un paio di lunghe sorsate». Trova «un colpevole per quell'assassinio politico: Massimo D'Alema», coordinatore della segreteria. Ecco la cronaca di Claudio Velardi, allora braccio destro di D'Alema: « Si realizzò un meraviglioso imbroglio messo in piedi, anche con un qualche talento, bisogna ammetterlo, dal sottoscritto. Feci tutto di concerto con gli uomini che coordinavano le altre due correnti. Dopo che erano state aperte venti o trenta schede, non di più, mi sono fatto la mia griglia di proiezione sullo scrutinio e sono andato a dire a Massimo: Guarda che questo non ce la fa!». Dopo, in macchina, « Massimo era carico di adrenalina e ogni tanto ripeteva ad alta voce : È morto! È morto!».

Chi più di Romano Prodi conosce le congiure? I 101 del Pd che nel 2013 gli sbarrano la strada del Colle sono solo un esempio. Nel 1996 è premier con una maggioranza ostaggio di Rifondazione. «Avverte i suoi: Attenti. Sta per iniziare la caccia alla volpe». Nel 1998 «il casus belli è la Finanziaria, la prima finanziaria normale la definisce il ministro del Tesoro Ciampi. L'amico Bertinotti vorrebbe invece una legge più di sinistra. Annuncia: Togliamo la fiducia». Dirà Prodi: «La crisi del mio governo non è stata un complotto, ma quasi». Nel 2006 un'altra «via crucis». Il Pd nasce «nel momento più delicato della vita dell'esecutivo. Ma piuttosto che rafforzarlo, finisce per accelerarne il declino». Ha «in sé difetti e contraddizioni del vecchio Ulivo, compresa la divisione in correnti». Tutto precipita con l'uscita dal governo di Clemente Mastella. In Aula manca di nuovo la fiducia. Il Professore confessa: «Dal Pd, da Veltroni non è arrivato il sostegno che ci aspettavamo».

Nel 2012 Matteo Renzi perde le primarie, rende onore a Pier Luigi Bersani con un concession speech stile Usa e lo appoggia alle Politiche. Nel settembre 2013 però sentenzia: «Negli ultimi mesi forse era spompo . L'ho visto a Palermo ed era distrutto». Cattivo viatico. Il voto, col Pdl a un passo, sciocca Bersani: «Non abbiamo vinto, anche se siamo arrivati primi». La «non vittoria» intossica ancora oggi il Pd: D'Alema dà dell'«arrogante» a Renzi, i renziani gli rispondono che «è finito come Occhetto».

E Bersani, rassegnato: «Renzi governa comodamente con i voti che ho preso io».

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