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"Quelle tante Chicca in mano ai pedofili"

La preside: "Il dramma di Fortuna non è un'eccezione..."

"Quelle tante Chicca in mano ai pedofili"

Eugenia Carfora è una donna «tosta». Preside di frontiera nella terra di nessuno del Parco Verde di Caivano. È lei il capo d'istituto che ha trasformato quella che era la scuola più «sgarrupata» d'Italia in un istituto-modello. Dove però, visto il contesto sociale (qui imperano droga e camorra), i docenti che accettano l'incarico sono mosche bianche. L'Ic Viviani-Papa Giovanni fa infatti «paura». Una scuola difficile. Con ragazzi «problematici», da andare a snidare casa per casa, portandoli quasi di peso in classe. Strappandoli alla delinquenza e all'ignoranza. Offrendo loro una ragione valida per seguire le lezioni dei prof. E non quelle dei boss.

Professoressa Carfora, il dramma di Fortuna Loffredo l'ha sorpresa?

«Mi ha addolorato. Ma non mi ha sorpreso».

Perché?

«Qui di casi come quello di Chicca ce ne sono tanti».

Tanti bambini vittime dei pedofili?

«La tragedia di Chicca fa scandalo perché è venuta alla luce. Ma chissà quante vicende analoghe non vengono scoperte».

Lei parla per esperienza diretta?

«In passato anche nella mia scuola ho avuto mamme-bambine».

Alunne minorenni, ma già madri?

«Io ho sempre segnalato tutti i casi a chi di dovere».

Il parroco del Parco Verde dice che la pedofilia è figlia della povertà.

«La povertà non c'entra con la pedofilia. E anche sulla povertà avrei qualche riserva: qui tutti dicono di non aver soldi per comprare libri, penne e quaderni ai figli. Ma poi non ce n'è uno che non abbia l'ultimo modello di cellulare...».

La sua è una battaglia anche contro l'omertà.

«Certo. Il primo messaggio educativo che dobbiamo lanciare è quello della collaborazione con le istituzioni in difesa della legalità».

Esattamente il contrario di quanto è accaduto nella brutta storia di Fortuna.

«Dove gli adulti sono stati zitti. Ma i piccoli hanno parlato».

Testimonianze che hanno portato alla cattura del presunto orco di Chicca. Ma solo quando i bambini sono stati tolti alle famiglie, si sono sentiti liberi di dire la verità.

«È la dimostrazione che i bimbi di Caivano non sono diversi dagli altri. Levarli da un nucleo degradato e metterli in un ambiente protetto equivale a salvarli».

Lei, a scuola, ne salva tanti.

«E continuerò a farlo. Mi sono inventata la scuola dei mestieri: un'oasi di lavoro in un deserto di disoccupazione. Ma sono scoraggiata».

Per quale motivo?

«A settembre questa scuola chiuderà».

E perché?

«Secondo chi decide queste cose non ci sarebbero più i numeri per tenerla aperta. Ma i ragazzi non sono numeri. Sono persone. Non li si può gestire col pallottoliere della burocrazia».

Ma quando la smetterà di «rompere le scatole»?

«Mai. Non mi rassegno. Continuerò a combattere. E questo, in una realtà come Caivano, è rivoluzionario. Sono cose che non ho avuto paura di dire neppure ai tanti Vip che qui vengono a fare passerella. Ma poi i Vip se ne vanno.

E le tragedie del Parco Verde restano».

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