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Quelle tasse figlie di nessuno

Quelle tasse figlie di nessuno

Erano bellissime, ora sono figlie di nessuno. La rissa nella maggioranza sulla manovra, oltre a mostrare impietosamente il precario stato di salute dell'alleanza giallorossa, è spia di un mutamento culturale nell'area progressista. Pare un secolo fa ma sono passati appena dodici anni da quando l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa tesseva l'elogio della pressione fiscale con una frase rimasta negli annali («Le tasse sono una cosa bellissima»). Il vero collante tra dem e grillini resta l'idea che sia lo Stato la soluzione a qualsiasi problema, dall'inquinamento alle crisi aziendali, dal vizio del fumo alla maleducazione sul web. Quando si tratta però di reperire con nuove entrate le risorse per mettere in atto questa strategia paternalistico-statalista, gli attuali componenti della coalizione di governo cominciano, come si dice a Roma, a «fare i vaghi». La manovra è una collezione di nuove e fantasiose tasse, ma nessuno ne rivendica la paternità, tranne forse Lorenzo Fioramonti, ministro della Pubblica istruzione con vocazione da kamikaze. Quando poi la pressione dell'opinione pubblica consiglia di fare dietrofront sulle gabelle più odiose, è gara ad alzare la mano per prendersi il merito. «Italia viva voleva togliere due interventi dalla manovra, sugar tax e cedolare, con uno ce l'abbiamo fatta», rivendica Luigi Marattin. «Se la manovra è cambiata molto, se le multe sui pos sono state rimandate e se altre tasse superflue sono state cancellate è grazie al Movimento», si vanta su Facebook Luigi Di Maio. E perfino il vice ministro all'Economia, il Pd Antonio Misiani, costantemente schierato davanti ai microfoni per difendere la manovra, poi pare tirare un respiro di sollievo: «Una buona notizia dal vertice di maggioranza sulla legge di bilancio: la cedolare secca sugli affitti a canone calmierato resta al 10%». E che dire di Leu? Perfino la sinistra-sinistra ormai esulta per le tasse scampate: «Con questa manovra si è evitato il salasso dell'aumento dell'Iva -si felicita il capogruppo alla Camera Federico Fornaro- ora avanti per diminuire le tasse sul lavoro e abolire un balzello odioso come il superticket». «Da qualche parte i soldi però bisogna prenderli», ammette Marattin. Se non fosse che di soldi però se ne prendono già tanti, visto il livello della pressione fiscale. La verità è che questa maggioranza ne vuole di più per fare nuove regalie ai propri elettori di riferimento. Che però sono minoranza. Ed ecco spiegato il cambio di rotta sulle tasse. Adesso sono figlie di N.

N.

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