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Questa Europa ha fallito. È ora di farne un'altra

L'atteggiamento dell'Ue è uno solo: non decide, china la testa e si fa del male. Senza unione politica l'Ue non esiste più

Questa Europa ha fallito. È ora di farne un'altra

Tutto torna e tutto si tiene. I punti sono quattro, oggi interdipendenti tra loro e resi gravissimi dall'assenza del nostro continente, inteso come soggetto autentico che tuteli e promuova il destino positivo delle nazioni che vi abitano. 1) Terrorismo islamico; 2) immigrazione; 3) guerra fredda; 4) Grecia (euro). Il quadrifoglio dell'orrore è appeso a questo indecente stelo europeo che è la nostra dannazione, e rischia di essere il buco nero in cui sarà inghiottita la pace del mondo.

Su tutte queste sfide l'atteggiamento dell'Unione europea è uno e uno solo: non decide, china la testa e si fa del male. Sono tutte sfide che l'Europa a trazione tedesca, egoista, impotente e senza una linea politica non riesce a risolvere. È chiaro, quindi: senza unione politica l'Ue non esiste più. Per questo diciamo che questa Europa non ci piace. E siamo profondamente convinti che non piaccia neanche a Matteo Renzi. Che fare? Cambiare verso. Basta con le burocrazie senz'anima. Basta con l'imperialismo tedesco.

La tragedia attuale e incombente è tale da non tollerare retorica. Per quanto riguarda il nostro Paese, l'operatività che chiediamo al governo deve comprendere l'istituzione e convocazione immediata del tavolo della coesione nazionale. Il presidente Mattarella ha chiesto «coesione e compattezza». E noi siamo d'accordo.

L'interesse nazionale non tollera polemiche nei momenti gravi. Esso ha però (...)

(...) bisogno di strumenti efficaci e snelli. Che anche simbolicamente comunichino questa unità mentre si è in guerra. Senza confondere la coesione su 4 temi essenziali a livello geopolitico internazionale con un bonus per le politiche disgraziatissime del governo Renzi, che non sta capendo nulla dell'interdipendenza delle crisi.

Il premier (si fa per dire) italiano ha partecipato al Consiglio europeo senza toccare palla, senza capacità di esercitare una proposta o una mediazione sul nodo decisivo della governance di questa multinazionale della finanza e dell'economia merkeliana, dove i singoli Paesi cercano di far valere dinanzi a Berlino i loro interessi in senso disgregativo, senza la forza e la visione di una vera Europa, quale quella che volevano i padri fondatori, e che è stata tradita.

L'ordine del giorno del Consiglio europeo che si è concluso venerdì sera a Bruxelles appariva come un guazzabuglio di temi e chiacchiere devianti, quasi fastidiose. Un documento preparato dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, sembrava un addendum. In realtà, in esso è il punto che riassume tutti i malesseri dell'Europa di oggi, e di domani.

Noi, che da bravi gufi siamo abituati a pensare male, non vorremmo che questo documento fosse stato messo all'ordine del giorno insieme a tutti gli altri punti precedentemente elencati proprio affinché passasse in secondo piano. In secondo piano magari anche, come tante volte è successo in passato, rispetto alla crisi economica; lo spread; l'euro che rischia di crollare; o la «famigerata» Grecia. Ci aspettavamo che il presidente (si fa per dire) del Consiglio si opponesse a questa deriva. Ma temiamo, invece, che sia caduto ancora una volta anche lui nel tranello.

La governance dell'eurozona sta prendendo una brutta china antidemocratica, per cui se un governo dei 19 Paesi che hanno adottato l'euro cerca di rimanere sovrano, contravvenendo a quella prassi che è ormai diventata, paradossalmente, costituzione materiale dell'Ue, quel governo che non ci sta viene fatto fuori. Gli si scatena contro la speculazione finanziaria, lo si sostituisce con un governo tecnico, come già avvenuto in casa nostra nel 2011, e come rischia di succedere oggi con la Grecia.

Lo schema è ormai chiaro a tutti: l'Europa a trazione tedesca si alimenta inesorabilmente dello scippo di sovranità degli Stati membri non allineati e della conseguente delegittimazione politica dei loro leader.

Lo ha detto in maniera molto chiara il filosofo tedesco Jürgen Habermas: «Sorretto dalla legittimazione democratica, il governo greco sta tentando di ottenere un cambio di politica nell'eurozona. Le elezioni greche hanno gettato sabbia negli ingranaggi di Bruxelles. Le carenze del governo greco non tolgono nulla allo scandalo dell'atteggiamento dei politici di Bruxelles e Berlino, che rifiutano di incontrare i loro colleghi di Atene in quanto politici, e riducono ogni cosa su un piano tecnico».

Tutto questo non può lasciarci inerti. Tutto questo dimostra che l'attuale Europa non ha intelligenza politica e democratica, ma vive di violenza tecnocratica, di dominio della Germania di Angela Merkel, con vassalli ipocriti come la Francia, e servi sciocchi come l'Italia di Monti, Letta e, ahimè, nonostante ogni tanto sbotti, salvo fare subito dopo marcia indietro, anche di Renzi.

Una Germania forte con i deboli, che poi però a volte si vendicano, e debole con i forti, come con Obama nel caso delle sanzioni alla Federazione russa. Bel risultato: senza politica, senza democrazia, senza solidarietà, senza sviluppo, il Vecchio continente non esiste più politicamente, ma è destinato a diventare una mera espressione geografica, come a suo tempo diceva Metternich dell'Italia.

Per questo diciamo: sì all'Europa, ma non a questa Europa. Prima la cambiamo meglio è. Senza unione politica non si va da nessuna parte. E vince il Califfato.

Con buona pace dell'irresponsabile Schauble e delle sue teutoniche minacce.

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