Politica

«Questo governo deve garantire più competitività»

Antonio Signorini

Roma L'Italia dell'era Renzi non sta scalando la classifica della competitività. Anzi, dal punto di vista dei costruttori, sta perdendo terreno. La denuncia è arrivata da Federcostruzioni durante un convegno su «Regole, concorrenza e mercato». Il Paese sta perdendo la sfida dei mercati aperti e dello sviluppo, come dimostrano i dati della classifica Doing Business 2016 della Banca mondiale, citati dalla federazione che aderisce a Confindustria. Per l'ottenimento di un permesso di costruire, il nostro Paese ha perso sette posizioni rispetto al 2015, passando dal 79° all'86° posto. Sono ancora necessarie 10 procedure che assorbono 227 giorni. Peggio di noi da questo punto di vista solo la Spagna. C'è stato un lieve miglioramento nelle tutele dei contratti degli investitori. Ma restiamo ultimi tra i Paesi europei che aderiscono all'Ocse. La durata dei processi è più lunga rispetto agli altri Paesi sviluppati (1.120 giorni, ovvero oltre 3 anni, nel 2016, 1.185 nel 2015. La media Ocse è di 538 giorni).

In peggioramento il recupero delle insolvenze, sia per la percentuale di recupero (63% contro il 72% della media Ocse), sia per i tempi e per i costi delle procedure. Sull'accesso al credito siamo al novantasettesimo posto. Solo il Belgio è peggio di noi. Complicatissimo pagare le tasse: 14 adempimenti all'anno per le imprese, pari a 269 giorni che l'impresa deve sottrarre alla gestione aziendale.

La ricetta del presidente di Federcostruzioni Rudy Girardi è quella di puntare su investimenti in costruzioni, che diventano «investimenti diretti per il mercato interno, ovvero proprio quello che stenta a ripartire». E poi, aggiunge il vice presidente Roberto Mascellani: «Lo Stato deve smettere di fare l'operatore, in concorrenza con gli investitori privati».

Federcostruzioni, ha criticato i tempi lunghi del ddl Concorrenza.

E il viceministro dell'Economia Enrico Zanetti gli ha dato ragione, sostenendo che il governo sta dando una eccessiva disponibilità ad accogliere le proposte di modifica del Parlamento.

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