Politica

La Questura: «L'ex è uno stalker e va fermato» Ma per il tribunale la colpa è della compagna

Donna contro l'ex convivente. Una faida familiare che dura da dieci anni

Nino Materi

Una faida senza tregua. Dove le parti in causa si scambiano colpi proibiti. In un angolo del ring (giudiziario) una donna che, da dieci anni, accusa l'ex compagno di «perseguitare» lei e le figlie; nell'angolo opposto l'ex compagno che si dichiara «vittima delle ossessioni di quelle donne». Pochi giorni fa l'ultimo (ultimo?) round. Il Tribunale di Milano (Sezione Autonoma Misure di Prevenzione) è il quadrato dove la coppia - che un tempo si amò per poi cominciare ad odiarsi - si affronta con la forza del risentimento reciproco. Tra i contendenti solo veleno e rabbia. I giudici sono chiamati ad esprimersi sulla proposta della Questura di Milano di applicare la misura del «soggiorno obbligato» per il presunto stalker: quest'ultimo querelato, per l'ennesima volta, dalla donna che dalla fine della relazione, nel 2009, lo ha già denunciato decine di volte.

Una lunga sfilza di precedenti che, anche in quest'ultima fase, il Collegio ha valutato scrupolosamente, giungendo dopo un anno di udienze a una clamorosa conclusione: la «proposta di applicazione della misura della sorveglianza speciale formulata nei confronti dell'imputato dalla Questura di Milano in data 29/11/2018 viene rigettata».

Le motivazioni della sentenza (depositate due giorni fa presso la Cancelleria del Tribunale di Milano) si rifanno a una giurisprudenza che confligge in maniera sostanziale con le argomentazioni fatte proprie dalla Questura nella sua richiesta di «soggiorno obbligato» nei riguardi dell'uomo.

Scrive la Questura nella sua proposta: l'imputato «ha manifestato, anche in tempi recenti, una grave pericolosità sociale qualificata, denotando una propensione a compiere reati contro la persona, in particolare atti persecutori, lesioni e minacce, consumati tramite intimidazioni e violenza. Vittime della sua personalità antisociale sono state l'ex compagna, le figlie e alcuni amici delle donne».

Ribatte il Tribunale: «La dinamica dei fatti descritti nei vari episodi (presunti inseguimenti con l'autovettura, incontri per strada, pronuncia da parte dell'imputato di frasi ingiuriose e minacciose) è del tutto simile a quella dei fatti già denunciati in precedenza che non sono stati ritenuti idonei dalle autorità giudiziarie competenti a sostenere l'accusa in giudizio».

Conclusione: «Il quadro così delineato induce il Collegio a ritenere di non avere attualmente idonei elementi per ravvisare i requisiti previsti dal d.lgs. 159/2011, per applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con conseguente rigetto della proposta».

Il normale cittadino resta perplesso: quell'uomo rappresenta davvero un «pericolo sociale» come sostiene la Questura o tale pericolo è insussistente come sembra emergere dal decreto del Tribunale?

Persone e fatti sono i medesimi; opposte risultano invece le interpretazioni.

E non si capisce bene se ci sia da rallegrarsene o da preoccuparsi.

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