Cronache

No alle spose-bambine

Dopo aver costretto la figlia 15enne a sposarsi, il bengalese voleva obbligarla, in Italia, ad avere rapporti sessuali col marito

No alle spose-bambine

La Corte di Cassazione ha ordinato un nuovo giudizio davanti al tribunale di Padova per il bengalese che, dopo aver costretto la figlia quindicenne ad un matrimonio nel suo paese d'origine, voleva obbligarla, in Italia, ad avere rapporti sessuali con il marito. Gli ermellini hanno giudicato insufficiente la pena di un anno e dieci mesi inflitta dal Gup, che l'imputato aveva ottenuto grazie al patteggiamento, e hanno stabilito che andrà giudicato, con rito ordinario, non solo per il reato di maltrattamento in famiglia ma anche per quello di violenza sessuale, che il padre come tutore dell'adolescente avrebbe dovuto impedire e non addirittura organizzare in casa sua. A prima vista, in nome del relativismo culturale, si potrebbe pensare che la Cassazione sia stata esageratamente rigorosa. Il padre metteva in pratica un uso della sua cultura d'appartenenza, il matrimonio combinato tra adolescenti ed adulti. Gli usi e i costumi di un'altra cultura possono costituire un esimente quando si configurano come veri e propri abusi dei diritti umani? La ragazzina aveva espresso la sua contrarietà ai genitori e aveva informato la scuola che frequenta in Italia. Grazie ad un esposto dalla preside e della sua insegnante è stato possibile evitare che la sottomissione e la violenza continuassero ad essere perpetrati. Gli ermellini hanno rimproverato al Gup di giustificare l'ingiustificabile attribuendo al padre una patente di subcultura, nonostante sapesse delle dichiarazioni della minorenne e dalla sua volontà di sottrarsi al dominio cui era sottoposta. In Bangladesh la situazione femminile è tra le peggiori del mondo. Le donne vivono in uno stato di povertà e di abbandono assoluti. È il paese in cui le acidificazioni si ripetono con più frequenza, anche contro bambine di soli dieci anni. La violenza domestica e i soprusi avvengono in un clima dove l'isolamento sociale non è eccezione ma quasi la regola. La cultura è elemento fondante di ogni convivenza sociale perché seleziona comportamenti accettabili e disciplina le azioni che altrimenti sarebbero guidate soltanto da stati emotivi, come la rabbia o l'attrazione sessuale, che possono generare devianza e discriminazione. La cultura occidentale e i suoi valori si fondano sull'uguaglianza tra uomini e donne, tra condotte sessuali, tra atei e credenti. La crescente islamizzazione in senso radicale del Bangladesh si sta evidenziando con stupri di gruppo su donne e omosessuali, con la pratica delle spose bambine, con l'omicidio degli intellettuali che rivendicano la loro laicità. Se davvero si vuole favorire l'integrazione, hanno fatto bene i giudici di Cassazione.

La convivenza è possibile non dove vige l'anomia, ma dove le regole e le norme sociali sono rispettate da tutti.

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