Cronaca locale

La Raggi fa la discarica. L'ira dei grillini romani

La Raggi fa la discarica. L'ira dei grillini romani

Una mossa risolutiva, forse, ma non certo priva di conseguenze. Virginia Raggi, dopo aver ceduto al diktat del governatore laziale e segretario Pd Nicola Zingaretti, ha dovuto violare quel tabù antidiscarica che per il M5s era un mantra fin da prima delle elezioni, indicando il sito della discarica «di servizio» per chiudere il capitolo dell'emergenza rifiuti nella Capitale, che andava avanti dalla scorsa estate. Peccato che, appunto, quella mossa ha rotto una promessa. E oltre a scatenare l'ira dei residenti della Valle Galeria, che dopo aver respirato per anni i miasmi di Malagrotta ora si ritroveranno sotto casa una Malagrotta bis, ha spinto sulle barricate, in prima fila a contestare i «pinocchi» Raggi e Zingaretti, persino diversi esponenti pentastellati. Delusi e irritati dalla scelta obbligata, come sostengono i più realisti del sindaco a Cinque Stelle.

La protesta si è materializzata ieri con un corteo a Ponte Galeria, alla periferia della Capitale, affollato da oltre 4mila persone «armate» di cartelli e slogan che hanno preso di mira il sindaco e la nuova discarica di Monte Carnevale. Per un po' spunta persino un lenzuolo con l'invito a dimettersi rivolto senza mezzi termini alla Raggi. Non male, considerando che nella folla c'erano anche un po' di compagni di Movimento della sindaca. Il deputato Stefano Vignaroli, per esempio, presidente della commissione Ecomafie, che pur ammettendo che la Raggi «aveva la pistola puntata alla testa» ha scelto di essere lì, al fianco dei residenti imbufaliti. E come lui, nel corteo spiccano anche Daniele Diaco e Simona Ficcardi, presidente e vicepresidente della Commissione ambiente del Campidoglio, e le consigliere Eleonora Guadagno e la «dissidente» Monica Montella, e ancora il consigliere regionale Marco Cacciatore e le presidenti del VII e del XII municipio, Monica Lozzi e Silvia Crescimanno, tutti con la tessera a Cinque stelle in tasca.

Una delegazione «di lotta e di governo», a sentire le parole di Diaco, che spiega di voler «proseguire la battaglia», ma senza lasciare il Movimento. Ma, se non è ancora una fronda, sicuramente una parte del movimento, e quattro consiglieri della maggioranza che dovrebbe appoggiare la Raggi, dimostrano con i fatti e con le parole che la scelta della Raggi, obbligata o meno, non è per niente condivisa da una buona parte dei pentastellati. Tra le più esplicite c'è proprio la Ficcardi. Anche lei premette che non volterà le spalle al movimento, anche perché «non sono io», dice, ad averne tradito gli ideali, prima di assicurare «una guerra senza tregua, condotta dall'interno, contro la nuova discarica».

E ora alla Raggi, svuotati i cassonetti di Roma, resta da capire come neutralizzare il fuoco amico.

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