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"In Rai sento aria di censura Il premier è l'unico padrone"

L'ex consigliere: "La supervisione annunciata dall'ad Dall'Orto è gravissima. La nuova governance cancella il ruolo del Parlamento ma nessuno si indigna più"

"In Rai sento aria di censura Il premier è l'unico padrone"

Roma - Ha alle spalle molti anni da consigliere di amministrazione Rai (in quota centrodestra), Antonio Verro. Di polemiche e di accuse durante i suoi mandati ne ha lanciate e incassate tante. La «supervisione» a tutto campo sui contenuti giornalistici delle trasmissioni Rai annunciata dall'amministratore delegato di Viale Mazzini, Antonio Campo Dall'Orto, rappresenta, però, un unicum per lui.

L'ha sorpresa l'annuncio della supervisione da parte dei vertici Rai sui contenuti giornalistici?

«Mi sembra francamente un annuncio di una gravità unica. Tanto più con questa nuova legge che ha annullato il controllo editoriale del consiglio di amministrazione, ovvero il ruolo del parlamento che rappresentava una garanzia di pluralismo per tutti. Ora tutta la funzione di controllo è in capo all'amministratore delegato nominato dal presidente del Consiglio, ovvero da Renzi. Uno scenario da brividi».

Lo spostamento del baricentro dal parlamento al governo è sbagliato in assoluto?

«Faccio una semplice domanda: i renziani manterrebbero lo stesso entusiasmo per la legge che hanno così pervicacemente voluto se al potere tornasse Berlusconi o a Palazzo Chigi andasse D'Alema?».

Qual è il suo giudizio sull'intervista di Vespa a Salvo Riina?

«Io non l'avrei fatta, ma trovo strumentali e inopportune tanto le critiche del giorno prima quanto quelle del giorno dopo. È stato giusto mandare in onda l'intervista, poi ognuno si assume la responsabilità delle proprie scelte. Un conto è criticare l'intervista, altra cosa è vietarla a priori. Per quanto riguarda le critiche del giorno dopo mi sembra siano quasi tutti rilievi ad personam indirizzati a Bruno Vespa, giornalista non organico al centrosinistra».

Quando lei era in cda non mancarono i «confronti» con Michele Santoro.

«Pensare alla quantità di polemiche che scatenava ogni rilievo critico fa riflettere su quanto siano cambiati i tempi. Masi, l'allora direttore generale, aveva problemi a chiedere anche solo le scalette. Per la famosa telefonata in diretta che fece a Santoro per far rispettare le regole sui processi in tv si scatenò una tempesta di dichiarazioni. Ricordo il responsabile comunicazione del Pd che parlò di censura golpista tale da mettere in gioco la democrazia. Oggi questa indignazione e questo armamentario dialettico non appare più attuale. Oggi regna il silenzio».

Cosa accadrà a settembre all'informazione Rai?

«Innanzitutto Carlo Verdelli - a cui va dato atto di essersi preso la responsabilità della decisione di mandare in onda l'intervista - è stato nominato direttore editoriale per l'offerta informativa dal novembre 2015. L'ennesima scelta di un esterno Rai per questo nuovo corso. Io spero che non accada nulla perché questa idea di una supervisione da parte dei vertici Rai suona come qualcosa di invadente e pericoloso e somiglia a una censura preventiva, volendo chiamare le cose con il loro nome. L'idea di un controllo preventivo e capillare su scalette, ospiti, temi trattati, taglio delle trasmissioni non mi sembra una prospettiva entusiasmante».

Lei vede il rischio di una informazione di regime?

«Dico che il sistema di governance favorisce un controllo assoluto della Rai e obiettivamente c'è un padrone assoluto della Rai. Elementi per essere preoccupati ce ne sono molti, da sempre controlli così invadenti sull'informazione sono l'anticamera del regime.

In questo senso lancio un accorato appello al sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli: nelle consultazioni per il rinnovo della concessione metta al centro della discussione il tema della libertà di informazione».

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