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Il rebus di Mattarella: dare tempo ai partiti e rassicurare i mercati

Il Quirinale è in allarme per i conti pubblici Lo spread regge, ma le Borse sono in agguato

Il rebus di Mattarella: dare tempo ai partiti e rassicurare i mercati

Non bastava la mission impossible del presidente, mettere insieme una maggioranza e dare una guida al Paese. Non erano sufficienti le preoccupazioni per la mancanza di dialogo tra i partiti e l'aggravarsi di un già difficilissimo quadro politico, da rimettere in piedi chissà come. No, adesso ad allarmare il Quirinale ci sono anche i conti pubblici: nei prossimi mesi infatti il futuro governo, se mai ci sarà, dovrà rastrellare nel bilancio dello Stato una trentina di miliardi per evitare aumenti dell'Iva, supertasse, patrimoniali o altre simili piacevolezze. E se lo spread regge ancora, i mercati sono in agguato.

Con questo scenario fosco davanti, Mattarella si trova stretto tra l'obbligo di dare tempo alle forze politiche per trovare un intesa e la necessità di praticare loro un elettrochoc perché si sbrighino. C'è fretta ma non bisogna avere fretta, cioè occorre accelerare tuttavia la soluzione non potrà arrivare prima delle consultazioni. E forse servirà più di un giro, magari anche un incarico esplorativo. Forse la svolta non arriverà mai e toccherà rivotare. Dentro questa contraddizione il capo dello Stato può muoversi in una sola maniera, limitando gli interventi pubblici e incrementando i suoi contatti riservati.

Come uscire dal pantano? A Montecitorio da giorni si parla di un governo tecnico da affidare a un economista tipo Carlo Cottarelli. Altra idea, un premier giurista per un esecutivo di scopo che riscriva la legge elettorale. Ma i nomi che girano, Giuseppe Tesauro, Gaetano Silvestri e Sabino Cassese, non trovano riscontro sul Colle. Sono piste buone per la fase due. Prima di tentare strade alternative, il capo dello Stato vuole che i partiti si presentino davanti a lui con «proposte e programmi».

A dieci giorni dal voto, che ha consegnato due schieramenti «prevalenti ma non vincitori» e un terzo sconfitto però necessario per le alleanze, Mattarella può trarre un primo bilancio, molto negativo. C'è qualche buona notizia di giornata: l'apertura del Pd a un governo di scopo «con tutti dentro», le parole diplomatiche di Luigi Di Maio su Ue e Nato, il tempo supplementare, poco, concesso da Bruxelles per la manovra. Ma le altre sono pessime. Salvini che si fa fotografare con l'euroscettico inglese Nigel Farage, l'aspirante premier grillino e il leader leghista che chiudono al governo istituzionale e soprattutto le paure della Ue sulla stabilità italiana. «Il commissario Moscovici ha citato l'Italia come un elemento di incertezza», è il racconto di Pier Carlo Padoan al termine dell'Ecofin.

E qui si torna alle preoccupazioni presidenziali sui conti e su eventuali manovre speculatrici. Anche perché, nonostante gli appelli di Mattarella alla responsabilità, i partiti non riescono nemmeno a stipulare una tregua sul Def. Padoan sta preparando un documento macro tendenziale, di cornice, e ha spiegato che i dettagli dei provvedimenti spetteranno al prossimo governo. Di Maio però gli dà dell'irresponsabile: «Sta avvelenando i pozzi».

E Salvini si dice «pronto a ignorare il tetto del tre per cento, se servirà alla nostra gente».

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