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Referendum, è bagarre sul quesito sulla scheda "È come un televoto"

Il docente di Diritto: «È marketing fuorilegge La Cassazione ha sbagliato a dare il suo ok»

Referendum, è bagarre sul quesito sulla scheda "È come un televoto"

Più che una scheda è uno spot. Ancora non è finita la telenovela sulla data del referendum costituzionale, che verrà comunicata lunedì, ma il dibattito s'infiamma per un'altra questione, più sottile ma indicativa dell'epoca che attraversiamo: la formulazione del quesito, confezionato come una bomboniera, che gli italiani incroceranno sulla loro strada fra la fine di novembre e l'inizio di dicembre. Una filastrocca che sembra costruita come una gigantesca domanda retorica che ammetta una sola risposta: «Sì». E ancora «Sì».

Non si può non rimanere sorpresi, come notava ieri il Giornale, nel leggere il testo che verrà consegnato ai cittadini. Il professor Mario Esposito, ordinario di Diritto costituzionale all'università del Salento, lo fa a pezzi senza se e senza ma: «È un'operazione di marketing, una specie di televoto acchiappa consensi».

In effetti con questo giro finisce di botto la lunga litania di lenzuolate noiose e incomprensibili sostituite in corsa da una cascata rapida e schiumosa di belle parole: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel, e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione»? È il «titolo» della riforma Boschi, che il governo avrebbe scelto perché sapeva che sarebbe finito dritto sulla scheda. Una furbata, insomma, secondo i critici.

Si è discusso a lungo, data la complessità e la vastità dei temi sul campo, se spacchettare la riforma Boschi, dividendola in più punti da sottoporre al vaglio degli italiani, oppure riunificare il tutto in un unico papiro. Miracolo, alla fine è stato partorito questo poemetto che in poche righe mette a posto tutto. Un piccolo capolavoro. «Peccato - aggiunge Esposito - che la legge del 1970, all'articolo 16, dica chiaro e tondo che il quesito, quando si tocca la costituzione, debba indicare gli articoli su cui va a incidere e debba mostrarne i contenuti. Qua, invece, mi sembra che il governo si faccia pubblicità, sotto l'ombrello suggestivo di titoletti simpatici e suggestivi, confondendo fra l'altro il contenuto con l'obiettivo del prodotto».

Un ragionamento che diventa evidente, per esempio, sul punto relativo al foraggiamento della Casta. «Quello - insiste Esposito - è un auspicio, una speranza, non la materia del contendere e la ragione di una battaglia aspra fra il partito del Sì e quello del No. Altrimenti sarebbero tutti d'accordo con la Boschi e Renzi e non ci sarebbe stato nemmeno bisogno del referendum». Invece, ora si litiga pure sulle parole, prima ancora che sul sì e sul no, con un duello furioso fra Renato Brunetta e Maria Elena Boschi.

Ovviamente, l'argomento, al confine fra politica e tecnica, si presta a mille interpretazioni e le polemiche andranno avanti fino al giorno della consultazione. Così si deve registrare che il quesito è stato approvato dall'Ufficio centrale per il referendum della Cassazione. Una scelta autorevole, ma discutibile, secondo l'esperto: «Mi pare - conclude Esposito - che il testo contraddica la legge del '70 e mi meraviglia che la Suprema corte abbia promosso quella composizione. Certo, da sempre si contestava la pesantezza delle paginate che gli elettori dovevano sorbirsi in cabina, facendo i salti mortali per decifrarle in qualche modo, fra trappole semantiche e trabocchetti concettuali. Ma qui vedo che siamo passati con una certa disinvoltura all'opposto». La querelle è solo all'inizio.

Ed è probabile che anche gli accademici si accapiglieranno sulla scheda.

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