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Referendum, la bufala del No ignorante

Le analisi del voto parlano chiaro: una valanga di No è arrivata da studenti, laureati e professionisti. Cade la tesi dei fan del Sì

Referendum, la bufala del No ignorante

Il referendum sulla riforma costituzionale si porta dietro l’analisi di una serie di dati che non possono essere trascurati, soprattutto nell’ottica di chi, in maniera poco “sportiva”, non accetta ciò che le urne hanno decretato.

L’onorevole Laura Puppato, del PD, già espulsa dalla sezione Anpi di Montebelluna, a suo dire perché indirizzata sul Sì al referendum, dopo l’ufficializzazione della valanga di preferenze contro la riforma, si è lasciata andare ad un commento quasi scioccante, sostenendo che i “cervelli” fuggiti dall’Italia abbiano votato sì, e si evince dal dato proveniente dalla circoscrizione estero, che ha propeso sensibilmente per il Sì con il 65% delle preferenze.

Di fatto la (poco) onorevole Puppato ha pronunciato una frase offensiva quanto inesatta, perlomeno giusto a dare uno sguardo a quelli che sono stati i sondaggi di analisi del voto all’indomani della consultazione.

La società Quorum ha realizzato per conto di Sky Tg24 un sondaggio in cui si teneva conto di fasce d’età, reddito e istruzione, in modo da discernere alcune caratteristiche sulla ripartizione delle preferenze. Ciò che salta all’occhio, in grande controtendenza con la propaganda anti-populista della sinistra renziana è la distribuzione dei voti a favore del No tra le categorie più istruite della popolazione. Ben il 61% degli intervistati con una istruzione di livello accademico hanno votato contro la riforma, così come addirittura i due terzi di coloro che sono in possesso di un diploma di scuola superiore. Il Sì vince invece tra coloro che hanno una licenza elementare o media.

Oltremodo si analizza anche il dato relativo all’età e al reddito: il No ha ottenuto la maggioranza dei consensi tra i giovani (gli studenti al 71%) e coloro che godono di un reddito inferiore ai 18.000 euro, con numeri che propendono verso questi esiti anche incrociando tali categorie con l’appartenenza a partiti politici, dove il basso reddito ha coinciso con la scelta del No all’interno del PD stesso.

Il Sì è stato preferito in larga parte soltanto dai pensionati, o comunque tra gli individui al di sopra del 54esimo anno di età. Dati che smentiscono in maniera disarmante chi sostiene l’esistenza di una correlazione tra populismo e mancanza di istruzione ed età. I millennials in Italia hanno scelto di tenersi la Costituzione così com’è, non per scelta squisitamente politica, ma forse perché, oltretutto preparati, hanno ritenuto la riforma non all’altezza delle necessità del Paese. La favola del voto censitario continua ad essere il cavallo di battaglia di coloro che, scottati dalla sconfitta politica, sostengono che il voto debba essere prerogativa di chi sia in grado di maneggiare questo strumento. Qualcuno potrà obiettare che un titolo di studio non sia discriminante di intelligenza, ma a meno dell’esistenza di diplomifici con ottimi affari nella compravendita di titoli, più di qualcuno in Italia avrà studiato per guadagnarsi un pezzo di carta.

Dati alla mano, pare che il Partito Democratico debba appellarsi ad altre cause cui attribuire la propria disfatta – che in realtà cela dei numeri elettorali ancora dalla parte del Premier dimissionario. Il risvolto eclatante è tuttavia proprio questo, la bugia sull’istruzione per giustificare la sconfitta di una riforma che non valeva la pena fare. Anche perché, con la Buona Scuola, l’istruzione non sarà di certo il cavallo di battaglia della prossima campagna elettorale del Partito Democratico.

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